AL CONVEGNO UCSI DI ASSISI

Raccontare il lavoroche vogliamo, “libero, creativo, partecipativo e solidale” come recita Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium

Benedetta Grendene, 26.09.2017

Assisi – Anche quest’anno i giornalisti dell’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) si sono ritrovati dal 22 al 24 settembre presso la Cittadella di Assisi Pro Civitate Christiana per l’Alta Scuola di formazione al giornalismo intitolata al vaticanista “Giancarlo Zizola”.

«Un’occasione preziosa per conoscersi e creare rete tra le varie realtà regionali, un vero segno di speranza, perché ci aiuta a capire che non camminiamo mai da soli», come ha ricordato la presidente UCSI Vania de Luca, giornalista di Rai News 24.

Uno dei temi approfonditi è stato proprio quello legato al lavoro che vogliamo, “libero, creativo, partecipativo e solidale” come recita Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium n.192. Il Vangelo è una memoria antica che orienta il nostro agire di oggi e, proponendo il metodo di contemplazione ignaziana, il Padre gesuita Francesco Occhetta, consulente nazionale UCSI, ha invitato i giornalisti ad entrare con gli affetti e con il cuore nel brano in cui l’evangelista Marco ci presenta la figura della povera vedova che nel tesoro del tempio «dalla sua miseria, gettò tutto quanto aveva, tutta intera la sua vita».   Un appello anche per noi giornalisti chiamati ad abbandonarci alla totalità del dono come servizio alla comunità, ripartendo dai gesti semplici che sono graditi a Dio e riscoprendo il desiderio che muove il nostro operare. La “mancanza di stelle” (de-sidera) fa fiorire in noi quel sentimento di ricerca appassionata nella consapevolezza che «Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste bensì le sue promesse» (Bonhoeffer).

E proprio “Il lavoro promesso. Libero, creativo, partecipativo e solidale” è il titolo dell’ultimo libro che Padre Occhetta ha pubblicato in preparazione alla 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre prossimi. Il giornalista gesuita membro del collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” fa parte del comitato organizzatore insieme a Sergio Gatti direttore generale di Federcasse. Intervenuto ad Assisi, Gatti afferma: “Mai senza i volti è diventata la poetica di questo appuntamento che ci attende a Cagliari. Abbiamo iniziato fotografando i volti; chi non ha lavoro, chi ha un lavoro precario, chi ha lavoro, chi ha mal di lavoro.” La Chiesa lavora per il lavoro e si adopera utilizzando quattro registri: la denuncia, l’ascolto, la raccolta delle buone pratiche da moltiplicare e diffondere (ne sono state censite oltre 400 tutte potenzialmente replicabili), l’impegno nel fare proposte responsabili e coraggiose.

Ciro Cafiero giuslavorista ha sviluppato un approccio giuridico al tema del lavoro offrendo ai giornalisti presenti ad Assisi una panoramica sulle nuove forme di lavoro frutto della rivoluzione tecnologica (come smartwork e crowdwork), sulle nuove competenze richieste, le nuove tutele e il nuovo ruolo dei sindacati in questo contesto di profondi cambiamenti dettati dall’industry 4.0. Se da un lato si delineano scenari ideali per garantire il perfetto work-life balance permettendo al lavoratore di gestire in autonomia e flessibilità in remoto il lavoro, è necessario definire alcune linee guida per cercare di assimilare il worker (lavoratore non dipendente) all’employee classico (lavoratore dipendente) come le tutele basilari standard e il minimo retributivo garantito. Da un punto di vista antropologico la speranza è che l’uomo non dovrà ridursi a competere con la macchina: la tecnica resti tecnica come ci insegna l’enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, l’uomo resti uomo, in tutto il suo essere, in tutta la sua dignità. Neanche il lavoro giornalistico è immune da queste trasformazioni come ha ricordato Nicola Marini, presidente nazionale dell’Ordine, il quale ha ribadito che il vero problema è da un lato il lavoro che non c’è (nella maggior parte dei casi gratuito o mal pagato), dall’altro il forte bisogno di recuperare credibilità per la nostra categoria. Non siamo più capaci di distinguere non solo il vero dal falso ma, cosa ancora più triste, il bene dal male, figli di un’epoca che dalla post-verità si sta traghettando alla post-coscienza.

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