APPUNTAMENTO A LOURDES

Ai piedi della “Immacolata Concezione” , raggi di Luce per camminare Insieme

Maura Maffei, 08.12.2013                                      Fotogallery

LOURDESOgni volta è un ritorno, eppure è come se fosse la prima volta. Come se l’ansia di giungere in fretta non tenesse conto del paesaggio maestoso che risplende alle pendici dei Pirenei e che ci è familiare, anche se raramente ci attardiamo a contemplarlo.

Qualunque sia il mezzo che ci conduce alla meta, il treno o il pullman del pellegrinaggio oppure l’automobile privata che s’inerpica tra le strade inconsuete suggerite dal navigatore satellitare, ebbene, qualunque sia la via, l’occasione o il desiderio che ci ha sospinti sin qui, l’apparizione improvvisa del Santuario di Lourdes ci turba gli occhi e ci inumidisce di fede le ciglia.

Ci fa sentire a casa, dopo l’esilio quotidiano di deserto e di vento. Proprio come credo successe a Pietro, Giacomo e Giovanni, quando sul Monte Tabor della Trasfigurazione volevano costruire le tende per rimanere con Gesù fattosi luce e con gli amici profeti.

È sempre la prima volta, anche per le dame di carità che accompagnano i malati, forse perché un pellegrinaggio non è mai uguale a un altro. Cambiano i volti, i sorrisi e gli incontri. Cambiano le stigmate di Cristo che s’infiammano di altri nomi. Rimane, tuttavia, l’entusiasmo di donare una briciola di tempo, una briciola di fatica, sapendo di ricevere la pace del cuore che, come la gratitudine, è un fiore d’inestimabile profumo.

Eccole le dame, con i veli dell’Oftal e dell’Unitalsi, simili a vessilli di blu e di bianco spiegati sul cielo sempre un po’ plumbeo di Lourdes! Sono appena arrivate, magari dopo una notte insonne di treno, e già spingono insieme con i barellieri le carrozzelle e i risciò degli infermi, affrettandosi alla Grotta. Un saluto a Maria, dove la statua rammenta il miracolo e dove l’acqua sgorga come consolazione e promessa infinita. Un saluto alla Mamma prima che tutto cominci, nella trepidazione di esserci anche quest’anno.

Il Santuario reca ancora le strazianti ferite della recente alluvione, ma è soprattutto segno di braccia premurose che si sono prodigate per spalare il fango, per detergere le pietre che testimoniano Maria e che continuano a vegliare sulla devozione inarrestabile dei pellegrini, per salvare le chiese e le reliquie d’arte e d’amore.

Ci si lascia alle spalle la confusione di luci intermittenti e di immaginette di plastica della cittadina e si raggiunge la pace variopinta oltre i cancelli del recinto. Il silenzio si irradia dai mille rivoli in cui si dividono i pellegrini. Ci si dà appuntamento presso la Statua dell’Incoronata, sempre circondata da rose recise che appassiscono d’affetto. Alcuni, poi, proseguiranno verso le piscine, ad affrontare l’attesa della speranza con una pazienza di cui non si riconoscono capaci e che è il primo miracolo. Altri raggiungeranno le basiliche per le funzioni in programma. Altri ancora percorreranno tutta l’Esplanade per uscire là dove cominciano i passi di Bernadette. Superato il ponte sul torrente Gave, che irrompe impetuoso tra le case, si discende a picco lungo la via, frenando le carrozzelle dei malati perché non acquistino velocità. Una suora originaria del Benin, che è venuta a Lourdes per festeggiare il suo primo anno di vita consacrata, guida con cura amorosa la sedia a rotelle di un’anziana inferma e, intanto, dialoga con la zingarella che le si è avvicinata. Quando la ragazza le chiede un’offerta, la suorina dalla pelle d’ebano e dal sorriso di cielo le risponde che pregherà per lei. Ed è forse questo il dono più prezioso che avrebbe potuto farle…

Al Mulino di Boly c’è una dama di carità che, dopo tanti viaggi insieme con i malati, dopo tante notti insonni per accudirli al Saint Frai, oggi accompagna i pellegrini. Racconta con parole intenerite la storia della famiglia di Bernadette e i suoi occhi azzurri splendono come pervinche di primavera. Li guida in salita sino al Cachot, che da prigione considerata malsana persino per i carcerati divenne l’umile dimora dei Soubirous. E poi ancora più in alto, verso la chiesa parrocchiale in cui la piccola santa fu battezzata e verso la canonica che non esiste più. Resta solo l’uscio a cui Bernadette bussò concitata, per annunciare a don Peyramale che la Signora della Grotta di Massabielle le aveva detto di essere l’Immacolata Concezione.

Si ridiscende tacendo verso il Santuario. Qualcuno, a mezza voce, narra lo stupore di ciò che ha visto, di ciò che porterà per sempre nel cuore. Sono quasi le sei della sera e l’appuntamento alla Grotta per il Rosario è un richiamo di gioia, anche se si è messo a piovere e gli ombrelli si aprono insieme, quasi fossero funghi dai colori improbabili. Si trova posto a sedere soltanto giungendo con molto anticipo; altrimenti si rimane in piedi, a contemplare Maria mentre le scarpe affondano nelle pozzanghere ormai colme d’acqua. I barellieri hanno sollevato i mantici dei risciò e le dame hanno avvolto gli infermi e gli anziani nelle tele cerate, affinché non si bagnino. Le mani di ciascuno, congiunte in preghiera, stillano pioggia e luccicano lacrime, ma le voci si alzano sonore nel ritornello dell’Ave Maria.

Continua a piovere: si decide di rimandare la processione aux flambeaux a un’altra sera, sperando nel tempo clemente. Intanto si portano i malati a cena, per condividere insieme con il cibo la serenità e le emozioni della giornata che va tramontando. Si pensa già con trepida attesa alla Messa Internazionale del mattino dopo.

Anche dopo l’alluvione, che ha spento gli splendidi mosaici di vetro con i misteri del Rosario e con le stazioni della Via Crucis, che ha trascinato via i banchi su cui per tanti e tanti anni pellegrini d’ogni lingua si sono inginocchiati a pregare, anche adesso che non c’è più il baldacchino di porpora sopra lo stuolo dei celebranti, la Messa Internazionale nella Basilica ipogea dedicata a san Pio x è forse uno dei momenti più intensi del soggiorno a Lourdes. Applausi e lacrime di commozione accolgono le varie delegazioni che provengono da tutto il mondo e che recano solenni gli stendardi di terre lontane. Una giovane dama, che veste per la prima volta la divisa e che avanza a lato della compagna già un poco più esperta, scorta con viso quasi ieratico il labaro dell’Oftal verso l’altare centrale.

Nel pomeriggio un raggio di sole fora la coltre compatta delle nubi e ci si inerpica tra i sassi della Via Crucis, sulla montagna ingioiellata di statue dai riflessi di bronzo. Quasi a incarnare il versetto del profeta Abacuc: “Il Signore mi dà piedi di cerva e sulle alture mi fa camminare.Ogni persona ha la sua personale Via Crucis su cui riflettere. Una figlia che si separa dal marito, un padre a cui hanno diagnosticato sei mesi di vita, il marito che ha perso il lavoro e, con esso, la fede, o anche solo un tormento dell’anima che soffoca il sorriso… Qui, dove Maria è apparsa, il fardello si fa più leggero e le spalle si raddrizzano e si rinvigoriscono, nel sorreggerlo ancora nei giorni che verranno.

Qui la speranza ha la trasparenza dell’acqua, che continua a sgorgare limpida, proprio nel punto che indicò la Vergine… C’è chi ne riempie madonnine e bottigliette, per portarla ai propri cari che sono rimasti a casa, forse perché si sentivano troppo deboli d’affrontare il viaggio. Ma qui a Lourdes l’acqua benedetta ha un sapore speciale, che sfugge via tra le dita bagnate. Sapore di cielo terso, di nevi immacolate, di vette dorate. Si beve, gustandola a piccoli sorsi; ci si bagna il viso ingrigito dai pensieri inutili e la pelle rimane asciutta, quasi fosse cosparsa di perle brillanti.

Imbrunisce. Il Santuario attende che siano le fiaccole dei pellegrini a rischiarare la sera di canti e di scintille d’ardore. I gruppi s’infittiscono e si organizzano in file ordinate, in attesa della partenza della processione. Altri salgono sopra la Basilica del Rosario, che riluce di mosaici come se, a quell’ora, fosse vestita d’oro, per fotografare la serpentina di fuoco, quando giungerà compatta sul sagrato.

I giorni a Lourdes trascorrono svelti e quasi lasciano l’impressione di un fiore che va già appassendo. Ogni momento vissuto si cristallizza come gemma nel ricordo. I Vespri nel Convento delle Carmelitane, intonati da voci soavi, il Rosario notturno recitato sotto le arcate della Basilica di santa Bernadette, con il torrente che riflette le candele lucenti sull’altra riva, l’adorazione silenziosa e intima, in un momento di quiete e di solitudine trascorso davanti al Santissimo Sacramento, mentre la Basilica di san Pio X è ancora deserta …

Si arriva in un lampo alla sera che precede il ritorno. Alla Casa di Accoglienza Saint Frai i pellegrini si riuniscono intorno ai malati, per condividere un momento di festa. Le dame che hanno prestato servizio in tisaneria offrono sui vassoi fette fragranti di torta e i giovani improvvisano uno spettacolo per divertire i bambini della Carrozza Bianca. Anche i sacerdoti collaborano, recitando nelle varie scenette: uno di essi indossa i panni del genio della lampada, per esaudire i desideri di tutti che, in realtà, sono già stati affidati a Maria.

La sveglia squilla nel cuore della notte: le dame devono fare grandi pulizie, per lasciare il Saint Frai perfettamente in ordine ai malati che verranno dopo, accompagnati questa volta dai Cavalieri di Malta. Chi vi scrive ne approfitta per scendere un’ultima volta alla Grotta. Sono le 5 meno un quarto ed è ancora buio. Il cancello Saint Michel è chiuso perché manca una manciata di minuti all’ora di apertura.

Attendo sotto l’ombrello. Piove di nuovo qui a Lourdes, quasi un saluto malinconico sul nostro partire. Un tintinnare di chiavi e s’appressa un giovanotto dal sorriso gentile. Stride la serratura e il cancello viene spalancato. Io so di avere poco tempo, nemmeno quello sufficiente per recitare i misteri del giorno. Scendo di corsa verso la Grotta, che brilla in un silenzio irreale. Silenzio di Paradiso, in cui anche le tenebre si trasfigurano in luce.

Rimango ferma di fronte alla statua della Vergine, che biancheggia dall’incavo in cui ne contemplò la reale presenza Bernadette. Ci sono solo altri due o tre sconosciuti, insieme con me, a condividere la medesima meditazione. Un guardiano sorveglia tacito. La pioggia è fitta e, sorpresa dal faro che punta sulla statua, cade come tenda di diamanti oltre la tettoia di roccia. Me la tatuo nel cuore, mentre sussurro le orazioni del mattino. Avrei ancora tante cose da chiedere a Maria ma non si concretizzano in immagini. Mi basta balbettarle un grazie sincero per quanto ho vissuto, per le persone che ho incontrato, per gli amici che ho imparato ad amare di più, per la sofferenza di cui sono stata testimone e che ho condiviso cercando di comprendere, per l’inchiostro della mia miseria che si è stemperato passando la  mano sulle pietre della Grotta, che tante altre mani hanno levigato e consunto …

Quando tornerò qui a Lourdes, con l’aiuto del Signore il seme di questo pellegrinaggio sarà germogliato e avrà fatto frutto. Forse non sarà secondo le mie intenzioni, ma sarà certamente secondo la volontà di Dio.

Il pullman parte prima che sorga l’alba e sento che ci sarà presto un altro appuntamento in cui parlare a cuore a cuore, pensiero nel pensiero con Maria, la bella Signora di Bernadette, la Mamma del Figlio Crocifisso e Risorto.

Qui, a Lourdes, si prega,

ai poveri e ai malati è riservato un posto d’onore.

È un luogo eccezionale di grazie.

(Beato Giovanni Paolo II)

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LOURDES –  “Appuntamento a Lourdes”

 Fotogallery di © Enzo A. Borin – 21-22-23 settembre 2013

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