COMUNICAZIONE e FAMIGLIA, SALUTE e SPIRITUALITÀ

Giovedì 17 Maggio ore 17, Sala conferenze Fondazione Carlo Donat-Cattin, via Stampatori 4, Torino

MAGGIO 2007

PIETRO GRASSI

Le trasformazioni sociali e familiari che attraversano la nostra società pongono inevitabilmente all’attenzione i temi della relazione sociale e in particolare del vivere familiare, che nel suo senso più profondo vuole significare anche un richiamo alla serenità, alla pace, agli affetti, ai legami, alla libertà. 

Si constata oggi da più parti un incremento di forme di sofferenze diffuse in un sempre maggior numero di persone, prive, si potrebbe dire, di una dimensione affettiva costante, le cui esistenze sembrano muoversi in un orizzonte senza storie generazionali. La lettura di ciò indica una notevole labilità delle relazioni affettive, che può essere vista come un segno (insieme a molti altri) di una crisi di civiltà, cioè un segno certo di regressione che tende a sfociare in un individualismo inquieto, a volte violento e spesso nella solitudine.

In questa società diventata sempre più trasparente ai valori, dove l’esibire sembra prevalere sul comprendere e ancor di più sull’aiutare, l’attenzione sembra essersi spostata dalla cura della persona verso la ricerca di un consenso acritico e di un rassicurante conformismo. Ed è così che, sempre più spesso, gioie e crisi, entusiasmi e frustrazioni, dolore e felicità si intrecciano nel vivere quotidiano. Disagio, ansia, ribellione, inquietudine, malessere sembrano così oscurare la tranquillità della vita familiare, ma troppo spesso mancano le parole: la spontaneità per esprimerle e la disponibilità per ascoltarle.

Oggi non sempre gli affetti diventano legami e con sempre maggiore frequenza i legami, una volta generati, sembrano diventare troppo forti per essere sopportabili, generando inganni, solitudini, violenze.  In questo nostro tempo contrassegnato dalla fragilità e dalla precarietà dell’incontro dialogico è necessario ritrovare una verità esistenziale e metafisica inconfondibile: le cose essenziali della vita devono essere donate. Le generazioni continuano a succedersi, ma la distanza tra il mondo dei nostri nonni, quello dei nostri genitori e quello dei nostri figli non cessa di crescere.

È importante allora riflettere sui valori che noi abbiamo ereditato e su quali ci proponiamo di trasmettere in questo periodo storico inquietante ed esaltante allo stesso tempo. I giovani sono, per eccellenza, portatori di valori e soprattutto di esigenze, questo anche se i valori giovanili, non si offrono come dei valori assolutamente nuovi, ma che essi hanno piuttosto la tendenza a ricordare la purezza e la radicalità affievolita dei nostri propri valori. Spesso per crescere si ha bisogno di credere in qualcuno per credere in sé e di identificarsi all’altro per trovare la propria identità.

Lo stesso si può dire per il dolore lacerante della separazione al momento della morte. In tal caso la prossimità esige, per rispettare l’altro, il pudore: la presenza autentica spesso si rivela fragile, mai sicura e sempre da ricercare. L’accompagnamento delle persone morenti non è una tecnica, né una moda, ma un modo di avvicinarsi al morire: tra la vita e la morte, diventa così in primo luogo presenza e dialogo. Una forma di comunicazione vera in uno scambio gratuito e necessario, un cammino di spoliazione per addentrarsi nei recessi più intimi e sconosciuti del proprio essere, rinvenibili in quella terra disabitata ai confini estremi della vita per apprendere dai morenti la nostra finitudine e il dono della vita vissuta nella fraternità umana, nella solidarietà tra chi parte e chi resta.

Ma spesso, una specie di anestesia psichica non consente di avvicinarsi a questo limite estremo, che si configura come uno dei momenti più autentici di quella inevitabile intersoggettività che rimanda alla grande incognita scalfita nella carne stessa dell’uomo, nella costitutiva enigmaticità del suo essere nel mondo. Solo se sapremo contemplare con umiltà, saggezza e coraggio, separando con pudore l’amorosa partecipazione dalla gelida osservazione, la carità dall’oscena indiscrezione, si potrà accompagnare, in fraterna comunione, colui che muore e guardarlo salpare il porto, solo sulla sua nave…ultima fessura…tra la vita e …la morte.

Il presente seminario è organizzato da Gianni Ferraro, cell. 328.8864265, direttore del corso di “Giornalismo on line” dell’Università di Torino e di “Città Studi” di Biella, promosso dalla Fondazione Carlo Donat-Cattin.