DI NOTTE E DI GIORNO, IL SEME GERMOGLIA E CRESCE

Il Regno …, come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce. Come? Egli stesso non lo sa. (Mc. 4, 26-34)

Un prodigio, il piccolo seme che custodisce il germoglio vitale e, attorno ad esso, nella piccola sacca, dispone di quanto è necessario per passare dall’inerzia al movimento vitale. Basta un po’ di terra innaffiata … All’uomo è richiesta la semina, l’attesa paziente e la cura. Il tempo preciso del germogliare è sottratto al nostro potere e volere.

Ricordo bene che, bambino, di mattina in mattina, presto, uscivo di casa per vigilare se nell’orto c’erano i primi germogli e il grido festoso verso la mamma, che adocchiava dall’uscio aperto, alla vista delle due foglioline verdi: “A l’è spuntà”.

Il Regno di Dio siamo noi e diventa seme nei nostri gesti umani.

Quando il gesto umano è segno di vita? Quando esso contiene creatività, verità e amore.

Proprio in quest’ora, mentre parlo, nel porto di Valencia in Spagna, un gesto ai accoglienza opposto al diniego di attracco in porti italiani, fa nascere e alimenta speranza di vita, speranza di una terra, di un lavoro, di una casa per 629 rifugiati. Un gesto di accoglienza del Governo spagnolo che si configura, in quest’ora, nel gesti umani di 200 operatori sanitari, 450 traduttori, 2500 volontari, un benvenuto di tutto un paese e, lo spero, da fratelli a fratelli.

L’uomo è “umano”, quando sparge sul terreno seme di bontà e di vita: gli unici gesti che fanno di noi uomini veri. E Dio, in questi gesti, fa storia con noi e a noi viene il Regno, come invochiamo – spero ogni giorno – nel Padre Nostro.

Ho ricordato il mio stupore di bambino che viveva da contadino con contadini allo spuntare dei germogli. Ricordo, a riguardo della storia del seme nel campo, l’omelia del mio vecchio parroco, anche lui contadino, che spesso commentava il racconto evangelico. Omelia tutta in piemontese! Descriveva il gesto umano, seme di vita, con tre stringate espressioni: Se t’veui ese n’ om … se vuoi essere uomo:

–                     dì a tuti na buna parola …abbi con tutti coloro che incontri una buona parola che attivi dialogo e incontro, amicizia e fraternità; 

–                     tucchie la man … offri la stretta di mano, lo scambio concreto del dono di te all’altro, per essere insieme un “noi”;

–                     inventa tut i dì qualcosa … ogni giorno inventa qualcosa per lasciare, in quel giorno, il posto che abiti migliore di come l’hai trovato. 

Se questo invito del vecchio parroco ci convince, quali sono le virtù da coltivare per dire la buona parola, offrire la stretta di mano e inventare cose da fare? Certamente la fiducia, la pazienza e la cura. 

La fiducia oggi è merce rara. E’ pur vero che spesso è delusa. Troppo spesso però ci si crede adulti e seri, quando si mettono in evidenza difetti, mancanze e sconfitte. Il discernimento, illuminato dalla parola di Dio, individua sempre beni promessi nelle persone e nei fatti di questo nostro mondo complesso; beni sempre presenti e attivi, perché Dio e l’uomo costantemente operano nel reale.

Anche la pazienza, il dare tempo al tempo, oggi è rara. Chi di noi non si giustifica dicendo: “avevo fretta!”. Anche la fretta è misconoscimento di Dio e dell’uomo. Nove mesi, perché un embrione diventi bambino, una vita perché quel bambino si faccia uomo … e la terminerà incompiuto!

Cura è l’attenzione e promozione della crescita, perché il piccolo seme di senape diventi albero con “rami così grandi, che gli uccelli del cielo possano fare il nido alla sua ombra”.

don Renzo

Ivrea, 17 giugno 2018