INTERVISTA AL DOTTOR RAFFAELE FRAGAPANE

Nativo di Santa Elisabetta (Agrigento), 88 anni, è  fondatore e presidente della Associazione Casa Famiglia Siciliana di Rosario in Argentina

SALVO GANCI, 14.03.2016

AGENZIA STAMPA SICILIA MONDO

ROSARIO – “Dopo Buenos Aires,il primo posto nella Repubblica Argentina per importanza commerciale è occupato certamente dalla città di Rosario, in provincia di Santa Fe, che conta oggi circa mezzo milione di abitanti, e che ha raggiunto dal 1852 -anno in cui fu elevata al rango di città – fino ad oggi un elevatissimo grado di perfezione […] in tutti i campi del commercio, dell’industria e di qualunque altra umana attività, godendo di una ricchezza e di una prosperità veramente straordinarie”.

Così riferiva la rivista “L’illustrazione italiana” nel lontano 1927 riferendosi proprio agli italiani che con le loro “importantissime ditte industriali e commerciali” contribuirono “al meraviglioso progresso” della città di Rosario. Una “città italo-argentina” che con le proprie iniziative aveva ravvivato “il culto della patria e delle nobili virtù di sua gente”, riferisce ancora il giornale.

«Gli italiani che ebbero la possibilità di emigrare in questa nostra seconda patria – spiega Raffaele Fragapane, medico odontoiatradocente all’Università Nazionale di Rosario, da 68 anni in Argentina acquisirono la cittadinanza argentina, ma non dimenticarono mai ciò che l’Italia aveva donato loro. Seppur a fatica e in povertà.  Oggi i nostri discendenti si sentono cittadini italiani a tutti gli effetti, con gli stessi obblighi e doveri morali, al pari dei nostri avi che per primi misero piede qui a Rosario. È l’Italia la nostra prima e vera patria. Non possiamo fare a meno di essere orgogliosi dei risultati raggiunti dall’economia italiana in molti settori, come la moda, l’innovazione, ma soprattutto il turismo e la cultura. Imbattibili. Qui tutti sogniamo di visitare l’Italia».

Presidente, dunque la vostra comunità si sente più italiana che argentina.

«Più che comunità parlerei di una vera e propria colonia italo-americana. Sì perché qui abbiamo dato il meglio di noi stessi, della nostra italianità: abbiamo occupato e (continuiamo tutt’ora) a rivestire importanti cariche nell’ambito politico, nell’industria, nel commercio, nella letteratura e anche a livello di ricerca e docenza universitaria. Rosario è metropoli che vanta un milione e duecentomila abitanti circa: di questi, il cinquanta per cento è di origine italiana. Ci siamo integrati abbastanza bene, insomma».

La vostra associazione nasce proprio con l’intento di raggruppare tutti gli italiani sparsi nella città.

«Certamente, oltre che a diffondere la nostra millenaria cultura e a trasmettere ai nostri figli i sentimenti e l’amore verso il tricolore, per tramandare loro i valori umani e cristiani del nostro passato. Questo è ciò che rende unici noi italiani: l’amor patrio. Che azzera ogni differenza con i migranti provenienti da altre province italiane e che qui hanno formato diverse federazioni regionali».

La Repubblica Argentina era nominata “il granaio del mondo” per la capacità di produrre grani di qualità che esportava poi al mondo, grazie ad un terreno fertile, ad un’attrezzatura all’avanguardia e a mano d’opera specializzata.

«Il governo però non ha saputo sfruttare tutto questo, approfittando dei momenti d’abbondanza e investendo nell’agricoltura. È mancato il perseguimento di una politica economica seria, che conducesse l’economia del paese verso la crescita, come in passato. Finita invece nelle mani di stolti funzionari, ignoranti e corrotti. Oggi siamo messi male dunque sul piano economico: il flusso migratorio dall’Italia è cessato oramai da qualche tempo. C’è molta disoccupazione, molto scoraggiamento, soprattutto tra i più giovani che si spostano altrove, verso i Paesi del nord, storicamente più industrializzati. Insomma, cambia tutto per non cambiare nulla. E la storia si ripete».