NEL RICORDO DI GENO PAMPALONI

All’Olivetti da Fortini a Bonfante

FEBBRAIO 2001

EMANUELA BOBBIO

FIRENZE – È  morto, all’età di 82 anni Geno Pampaloni, scrittore e critico letterario che gli eporediesi ricorderanno soprattutto per essere stato braccio destro di Adriano Olivetti per più di un decennio. Laureato in lettere alla “Normale” di Pisa, Geno Pampaloni inizia a lavorare in Olivetti nel 1947, come direttore della biblioteca aziendale. Siamo negli anni cinquanta, quando la Olivetti attrae intellettuali da tutta Italia offrendo loro la possibilità di partecipare alla costruzione di un grande sogno, l’utopia politica di Comunità: arrivano Giorgio Soavi, Paolo Volponi, Renzo Zorzi, Libero Bigiaretti, Ottiero Ottieri, Egidio Bonfante, Franco Fortini.

Gli anni passati a Ivrea sono ricordati da Pampaloni nel più famoso dei suoi – non molti – libri: Fedele alle amicizie (Camunia, 1984), libro definito dall’autore stesso «frammento di una autobiografia». Ricorda Geno Pampaloni: «Adriano Olivetti mi chiamò a lavorare ad Ivrea su segnalazione di un altro amico di gioventù, Franco Fortini, che gli fece leggere le mie prime recensioncine su “Il Ponte” ».

Comincia così il lavoro in Olivetti, a fianco, appunto, di Franco Fortini, che gli dedica un poemetto: «Poeti e romanzieri / piccoli, ma sinceri / voi sa stimare almeno / il Pampaloni Geno. / Trattieni i tuoi sospiri / o giovine che scrivi! / Ama i morti un po’ vivi / ed i vivi un po’ morti / Meno il più, il più meno / il manzoniano Geno». Siamo di fronte a due diversi atteggiamenti verso chi detiene il potere economico, sia pur illuminato. Da una parte Fortini, che si tiene su posizioni rigorosamente di sinistra, dall’altra Geno Pampaloni che aderisce intimamente alle idee di Adriano. La figura di Geno Pampaloni a capo dell’ufficio di presidenza è tanto carismatica che “Olivetti S.p.a.” diventa “Se Pampaloni Acconsente”. È di Egidio Bonfante l’idea di dare a Pampaloni il soprannome di “Eminenza ligia”.

Al di là di questi aneddoti, resta la profonda amicizia tra il critico e l’industriale, amicizia costruita sulla condivisione di grandi ideali: in Fedele alle amicizie Pampaloni ricorda il modo in cui Camillo e Adriano posero le basi di una industria che si facesse fattore di modernizzazione della società, una fabbrica a misura d’uomo.

Tra le frasi più famose di Adriano Olivetti, Pampaloni riporta quella pronunciata per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli, nel 1955: «La nostra società crede nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell’arte, crede nei valori della cultura, crede infine che gli ideali di giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate tra capitale e lavoro».

Dopo la morte di Adriano Olivetti, nel 1960, Pampaloni ritorna alla sua attività di cronista letterario, prima per «Epoca», poi per «Corriere della sera», «La Stampa», «Il Tempo», «La Nazione», «Il Mondo», «L’Espresso». Montanelli e Piovene lo vogliono tra i fondatori del «Giornale», nel 1974: inizia così una collaborazione che durerà fino al 1993. In parallelo, Pampaloni svolge attività di direttore editoriale alla Vallecchi.

Geno (Agenore) Pampaloni è nato il 25 novembre 1918 a Roma. Critico letterario per tutta la vita, pubblica pochissimi libri, rifiutando sempre l’invito di raccogliere in volume i suoi articoli. Oltre a Fedele alle amicizie (1984), il suo libro più famoso, ricordiamo: Adriano Olivetti: un’idea di democrazia (1980), Trent’anni con Cesare Pavese (1981),  Buono come il pane (1983), un commento ai Promessi Sposi (De Agostini, 1988), Bonus malus (1993),  I giorni in fuga (1994).