A TU PER TU CON SILVIA AVALLONE, AUTRICE RIVELAZIONE DEL 2010

“Acciaio” mette in luce la cruda realtà di provincia

FEBBRAIO 2011

KRIZIA RIBOTTA

TORINO – «Acciaio come il metallo lavorato nella degradata periferia di Piombino, caratterizzata dalle sue spettrali imprese siderurgiche. Acciaio come la durezza dell’ esistenza di chi vive nei casermoni di Stalingrado, in bilico fra una realtà modesta e la voglia di riscatto. Acciaio come la freddezza e il calore che sprigiona la stessa lega: le due facce della storia»: così è stato presentato, mercoledì 2 febbraio, al Circolo dei Lettori l’associazione culturale torinese situata nel seicentesco Palazzo Graneri della Roccia, in via Bogino 9 – il libro Acciaio, vincitore del “Premio Campiello” Opera Prima 2010 e secondo classificato al “Premio Strega” 2010 (a soli 4 voti dal vincitore Canale Mussolini”di Antonio Pennacchi).

Al Circolo dei Lettori  la giovane scrittrice Silvia Avallone con Monica Capuani

L’autrice Silvia Avallone, giovane esordiente di 26 anni biellese di nascita, ma bolognese di adozione, in modo spigliato e brillante, ha saputo tener desta l’attenzione del pubblico durante l’incontro, che ha fatto il tutto esaurito, moderato da Monica Capuani, giornalista de “L’Espresso“.

Lo scenario presentato nel romanzo, insolito per un primo racconto solitamente autobiografico, è quello dell’acciaieria Lucchini di Piombino, che, con uno schiacciante realismo, apre uno squarcio su un’inedita periferia operaia che non offre né a livello di opportunità di lavoro, né a livello di ampliare la propria cultura, nessuna alternativa ai giovani di oggi. Il degrado provinciale descritto è una sorta di crogiolo in cui confluiscono, oltre al disagio di un mondo giovanile ormai lontano dai sogni adolescenziali, tematiche quali l’amore, la droga, la trasgressione, le truffe, i furti e il desiderio sfrenato di voler crescere.

«In un paese di provincia, che vive grazie ad una fabbrica, per ogni ragazzo che non voglia continuare gli studi, c’è un destino, e questo destino, a Piombino si chiama Lucchini», spiega la Avallone, tenendo a precisare che la fittizia “via Stalingrado” poteva essere ambientata in qualsiasi parte dell’Italia, dato che il tasso di disoccupazione giovanile nel nostro Paese è salito al 29%. 

Le fabbriche, di cui narra la vicenda, non sono più luoghi di lavoro dei padri, ma dei figli che si sentono raggelati e non sanno che posizione prendere in questa età cangiante di trasformazione. Ne è esempio «il personaggio di Alessio, l’operaio che nel libro ho seguito più da vicino: nonostante sia iscritto alla FIOM, ha votato Berlusconi», puntualizza l’autrice denunciando in modo chiaro un’Italia in cerca di identità, di voce e di futuro, orizzonti che sembrano quasi irraggiungibili, come l’isola d’Elba, bellissima, a portata di mano, che per i piombinesi resta però inaccessibile.

«Stiamo assistendo ad una stagnazione del nostro Stato», continua con un velo di amarezza, suggerendo ad una drammatica riflessione: l’articolo 1 della Costituzione sta sempre più venendo meno. L’Italia è ancora una Repubblica democratica fondata sul lavoro?

CORSO DI GIORNALISMO ONLINE FACOLTÀ DI LINGUE-FONDAZIONE CARLO DONAT-CATTIN