ARTE A TORINO
Da Rousseau a Ligabue

OTTOBRE 2002

TORINO – Naïf è la più importante e completa esposizione organizzata in Italia su questo tema. La mostra ha come obiettivo quello di mettere a fuoco, con un preciso taglio critico, gli aspetti più significativi e stimolanti di quell’eccentrico e straordinario genere di arte figurativa che va sotto il nome di Arte Naïf.


Indipendenti da qualsiasi scuola, ideologia o manifesto, la spontaneità degli autori “naif” non interviene solo nella scelta dei soggetti e dei motivi, ma anche nello sguardo che rivolgono alla natura. Anche se ormai l’interesse per l’arte naïf ha un’estensione mondiale (ci sono esempi di grande rilievo per esempio in America Latina e in Africa), questa mostra ha voluto concentrare l’attenzione sulla situazione europea, per evitare una visione troppo allargata e generica di questo fenomeno culturale, e soprattutto per cercare di dare una impostazione storica chiara al percorso espositivo.

Ben rappresentato è il gruppo storico dei francesi, di cui la maggior parte delle opere proviene dalla collezione di Charlotte Zander, una delle più prestigiose e cospicue  che può vantare circa 4mila opere su questa tendenza pittorica.

Tra le numerose tele di Henri Rousseau importanti sono le due provenienti dal Museo Picasso, che testimoniano l’interesse del grande artista spagnolo all’arte “primitiva” del francese. E poi André Bauchant, con una decina di quadri che forniscono una panoramica del suo modo particolare di intendere la storia e la mitologia; Camille Bombois con i suoi energici personaggi robusti e in piena salute; Louis Vivin, con la sue strutture rigorose, Séraphine de Senlis, la “Santa Teresa” dei naifs, che con le sue allucinazioni ed estasi, la sua vita nevrotica che terminerà in un ospedale psichiatrico, si può accostare all’eccentrica esistenza di Van Gogh.

 


Un altro nucleo fondamentale presente in mostra è costituito dalla scuola croata: Ivan Generalic, chiamato il “Brueghel croato” per la densità e la truculenza con cui descriveva le sue scene di vita, Emerik Fejes, il pittore delle città; Ivan Rabuzin che, diceva Agnes Cazenave, “parlava come dipingeva: lentamente, con semplificazioni, con simboli e qualche parola, attentamente pesata prima d’essere pronunciata”; Matija Skurjeni con il suo mondo fantastico e simbolico.


Di grande interesse le opere del georgiano Pirosmani, molto conosciuto soprattutto per le insegne, ma di grande impatto anche con i suoi dipinti su tela, e, last but not least, gli italiani Pietro Ghizzardi che, nato povero e rimasto povero impiega spesso come supporto del semplice cartone, a volte utilizzato sulle due facce, Orneore Metelli, il pittore-calzolaio che più volte prendeva spunto per i suoi paesaggi dalle cartoline illustrate prodotte all’epoca, e il grande Antonio Ligabue, le cui opere, sostiene Marzio Dall’Acqua, «sono il documento di un artista diverso, di un eretico rispetto alla linea tradizionale dell’arte occidentale, di uno che ha infuso loro il fascino particolare e misterioso della magia».

«Sono veramente pittori naïf quelli che stiamo guardando?», questa è la domanda alla quale la mostra vuole rispondere, esplorando questo mondo ancora sconosciuto che merita di essere collocato entro nuovi ambiti di interpretazione.