“ABOUT A BOY”,  PERCHE’ CRESCERE, SI PUÒ, AD OGNI ETA’

Will (Hugh Grant) l’adulto- bambino

NICOLE ZANCANELLA – OTTOBRE  2001

Se siete il genere di persone che non necessariamente ama i film lacrimevoli ma riuscite ad appassionarvi alle umane vicende senza dovervi per forza trovare in mezzo a narrazioni di catastrofi naturali e artificiali, il mio consiglio è di non perdervi «About a boy», l’ultimo film di Hugh Grant.

Il bel Hugh, dopo essersi calato nei panni del dongiovanni impenitente ne Il Diario di Bridget Jones, uscito lo scorso autunno, torna ad essere il simpatico ragazzo che abbiamo conosciuto in Quattro matrimoni e un funerale. Certo il titolo originale suona meglio, mentre la traduzione italiana (“Un ragazzo”) appare decisamente scialba e appassita. Considerato però che  About a boy significa “riguardo a un ragazzo” o “su un ragazzo”, forse non si poteva fare di meglio. Il suggerimento per il futuro sarebbe di lasciare i titoli così come sono, tanto più che un po’ di inglese lo “masticano” quasi tutti.

L’interrogativo che ci si pone dopo 20 minuti di pellicola è piuttosto un altro: chi sarebbe “il ragazzo”? Lo spettatore si trova infatti di fronte a due soggetti singolari. Cominciamo dal più piccolo,  Marcus (Nicholas Hoult), un ragazzino non ancora adolescente dai grandi occhi blu, taglio di capelli stile vecchio film di Walt Disney (avete presente i caschetti di Jodie Foster? L’unica differenza è che Marcus ha i capelli castani!), look a dir poco antiquato, fatto di maglioni e berrettini sferruzzati a mano dalla mamma.

Il problema del ragazzo è  proprio lei, un’insolita stravagante signora (perennemente depressa) che ha per il canto un’innata passione in cui ha coinvolto anche il figlio. Sembra appena uscita da un circolo hippy, invece ne frequenta uno di genitori single, dove fatalmente conosce Will (Hugh Grant).

Lui è il tipico eterno ragazzo senza testa che ha fatto della frase “ogni uomo è un’isola” la sua filosofia di vita e con questa ermetica considerazione liquida tutti quelli che lo invitano a mettere la testa a posto. Campa di rendita grazie ai diritti d’autore su una canzoncina natalizia scritta dall’ormai defunto padre e di figli non ne vuol proprio sapere. Frequenta il circolo dei genitori single al solo (poco nobile) scopo di accaparrarsi una “madre”, ma quella di Marcus non è proprio il suo tipo. Nonostante questo, per una serie di coincidenze i due ragazzi (l’adulto e il bambino) fanno amicizia e Marcus prende a frequentare la casa di Will ogni giorno al ritorno da scuola. In breve tempo vince le sue resistenze verso i bambini e i due diventano inseparabili.

Entrambi a poco a poco si avvedono di avere qualcosa da dare all’altro. Marcus riuscirà ad uscire dalla sua condizione di bambino disadattato, farà nuove amicizie e imparerà finalmente a farsi rispettare e apprezzare nella sua “originalità”, sviluppando le sue proprie passioni in totale autonomia dalla madre. E Will? Anche lui affronterà notevoli cambiamenti, ma per non rovinarvi il piacere della visione vi posso solo dire che “smetterà di essere un’isola”…