BEATI I MISERICORDIOSI PERCHE’ TROVERANNO MISERICORDIA

Il discorso della montagna è tra le pagine del Vangelo più conosciute e frequentate, ed è considerato da tanti il manifesto del cristianesimo. Se letto o ascoltato con attenzione ci si accorge che la logica che lo attraversa è straniante e inquietante. Come può dirsi beato, cioè segnato dalla felicità, il povero, lo scartato, il misero? Non possono queste promesse, annunciate nel discorso, indurre l’idea che sia la sofferenza il prezzo da pagare per entrare nel Regno? È l’infelicità il riscatto per la vita eterna?

Delle otto beatitudini vorrei riflettere su una: “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” Mt. 5,1-12, quella con cui Papa Francesco ha voluto segnare l’anno appena trascorso. Una prima riflessione riguarda Dio, una seconda riguarda tutti noi Suoi figli.

Il Dio raccontato da Gesù di Nazareth è il Dio della misericordia, è il Dio Amore descritto dal suo discepolo prediletto Giovanni.

Gesù racconta un Dio vivente – non immobile nella sua perfezione –  appassionato di quanto crea. Il Suo sguardo è sempre rivolto alle creature: uno sguardo che “sa sentire” (R. Mancini). Dio cioè è un Amore generativo che sempre e di continuo crea, facendo nascere. Nulla di magico in quanto l’atto creativo che fa nascere ogni realtà affida l’apparire e il crescere al processo naturale delle cause seconde e alle energie di un mondo in evoluzione. Dio amando crea e fa nascere: noi siamo creati in quanto amati.

Questa relazione originante con le persone è più intensa e forte, ai suoi occhi, che il comportamento delle persone. Poiché negli uomini/donne questo amore generativo va accolto nella libertà e può pertanto essere rifiutato, nel caso del rifiuto (v. Adamo ed Eva), Dio continua ad amare quelle persone come un Padre che sempre ama in sovrabbondanza. Non esiste un buco nero in cui l’uomo possa rintanarsi lontano da Lui, un luogo in cui il Suo amore venga a mancare e l’uomo non possa essere raggiunto. Il Dio raccontato da Gesù ha sempre davanti al suo sguardo “il misero che fa del male e si fa del male” per cui sempre lo abbraccia e lo chiama figlio. Nessun uomo è “altro” per Dio, se non figlio. Amore, verità e giustizia in Dio sono una cosa sola: misericordia.

Quando poi Gesù dallo sguardo su Dio, Padre suo, rivolge lo sguardo a tutti noi suoi fratelli, a noi rivolge l’invito: “siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” Lc. 6,36: “voi, ci dice, fatti a immagine di Dio, rivivete nel vostro fare quotidiano quanto Dio fa”. Le categorie della relazione con Dio e, di conseguenza, con gli uomini, sono quelle famigliari: padre, madre, figlio, fratello, sorella. La nostra nascita all’umanità è una nascita filiale, che fonda la fraternità.

La cultura europea, da secoli, ha rovesciato il rapporto di “prossimità” facendo del vicino “un altro”, di cui se ne rimarca la distanza. Quando negli ultimi tempi il mercato-potere è diventato onnipotente, tutti noi, siamo stati declassati a “risorse umane”, materiale di costruzione sotto la legge della concorrenza. Impressionante questa classificazione e menzognera!

Figli siamo, e fratelli di conseguenza: ci facciamo uomini e donne solo nel legame di fraternità, “con e per gli altri”. (P. Ricoeur)

Le dinamiche di umanizzazione vera sono le dinamiche della misericordia, della fraternità, del perdono e dell’amore oltre misura.

Quando io cerco di perdonare mi ricordo, sì del male fatto a me, della mia sofferenza, ma ricordo anche il valore della persona che mi ha offeso e della relazione umano-fraterna che ho con lui o con lei e a loro faccio dono della mia stima e della mia fiducia. Ricreo con essi la relazione genetica che Dio ha con me e con loro.

La dinamica della misericordia va ancora oltre: mentre sento la sofferenza mia, sento – lo sguardo che sa sentire – la sofferenza che chi mi ha offeso fa a se stesso e il rischio che egli corre nell’ostacolare il fiotto creativo amoroso che fa vivere. Di conseguenza apro il cuore all’altro, lo abbraccio “senza dare più valore a ciò che ho dovuto sopportare”. (R. Mancini)

Così Gesù nella parabola Lc. 15,20: “Il Padre lo vide quando era ancora lontano e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”.

In sintesi: Dio vede sempre e solo, anche nel malvagio, un figlio. Per noi, essere misericordiosi, significa voler ritrovare, anche nel malvagio, un fratello.

Ivrea, 29 gennaio 2017                                                                                                                       don Renzo