COSTE DEL MEDITERRANEO DOPO GHEDDAFI E LA DESTABILIZZAZIONE DEL SAHEL

Questa è una nuova realtà, un’area dove la Libia sembra tornare alla vecchia separazione tra Tripolitania e Cirenaica.

PRINCIPIA BRUNA ROSCO, 12.02.2013

MILANO – Presso il famoso Palazzo Cusani di Via Brera, nel magnifico Salone Radetzky del Circolo Militare Ufficiali, il 5 febbraio 2013 si è svolta un’importante conferenza dal tema “Il dopo Gheddafi e la destabilizzazione del Sahel” tenuta da due relatori d’eccezione: il giornalista Luigi Ippolito, responsabile Redazione Esteri del Corriere della Sera, e il giornalista Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera in Iraq, Libano, Afghanistan e Pakistan, entrambi con esperienze dirette della guerra nel Medioriente e della politica internazionale.

Ha introdotto il Generale di Brigata Antonio Pennino, Comandante Militare Esercito Lombardia, annunciando che questa è la prima di un ciclo di conferenze che il Comando Militare Esercito Lombardia intende offrire alla Città di Milano. Il Generale ha poi fatto un excursus complessivo della situazione attuale sulle coste meridionali del Mediterraneo.

Il primo a prendere la parola è stato il dott. Ippolito. «Nel Sahel, la fase di transizione della Libia dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi – afferma Ippolito –  si sta rivelando complessa e difficile. La crisi maliana e il riarmo degli indipendentisti tuareg in seguito alla loro partecipazione alla Guerra Civile Libica, hanno causato una fase di destabilizzazione del paese, che non trova più la propria identità nazionale, ma un’approssimativa appartenenza tribale con, all’interno, tutte le motivazioni di conflittualità o rivalità. La complessa crisi nel Mali è causata da interessi internazionali occidentali perché i conflitti in atto vanno a toccare le grandi risorse per le quali siamo strettamente dipendenti: il Mali è produttore africano di oro, possiede risorse energetiche come l’uranio, la bauxite, l’alluminio, il gas. Con l’occupazione del territorio libico e di alcune città liberate da parte delle milizie ribelli, si sono creati microgruppi di potere indipendenti di governo per il mantenimento dell’ordine nelle aree da loro controllate, senza, però, istituire un quadro di diritto civile. Inoltre, lì c’è l’elemento religioso che, fino a qualche anno fa, aveva trovato una certa stabilità, mentre ora è diventato causa di conflitti, miccia scatenante per esercitare il loro massimo impegno. Questo è un nuovo conflitto che colpisce la regione del Sahel, dove c’è una scarsa volontà o capacità di intervenire e, tutto questo, ha portato alla crisi internazionale».

Ha poi preso la parola Cremonesi. «Il vaso comunicante Nato-Cnt – afferma Cremonesi – ha rovesciato il regime Gheddafi. Dopo la sua caduta, la Libia è divenuta indipendente ma destabilizzata. In questo contesto destrutturato è avvenuto di tutto, compreso il saccheggio dell’arsenale militare. Ora, lì vigono le bande africane, le quali, forti delle armi che arrivavano dalla Libia, hanno cominciato indiscriminatamente azioni terroristiche in Nord Africa e nel Sahel. L’intervento francese in Libia è stato tempestivo e fatto in solitudine, senza la coalizione e, dopo la morte di Gheddafi, la Libia si è divisa in due, non c’è più un Governo centrale, tutto è in mano degli islamici, senza più interlocutori. Gli equilibri si sono rotti in tutta l’Africa sahariana, dove i rivoluzionari fanno cose inenarrabili: rastrellamenti, torture, uccisioni e stupri nei confronti degli odiati africani. Come nel Sahel, Stato dell’Africa sub-sahariana, le forze qaediste hanno rappresentato una minaccia alla stabilità regionale e internazionale, tanto è vero che un altissimo numero di persone ha abbandonato la regione. Infine, l’insurrezione tuareg ha messo in luce una democrazia maliana debole, che ha causato l’ascesa e l’affermazione delle milizie radicali islamiche e l’avvento di AQMI e del MUJAO, quali forze egemoni nella regione e, tutto questo, ha scatenato il tentativo di golpe da parte dei militari e la fuga del Presidente Amadou Toumani Touré».

Il pubblico ha chiesto delucidazioni circa la condizione etnico-sociali del mediterraneo. «Le angosce etnico-sociali – risponde Ippolitola miseria e l’autoreferenzialità delle classi dirigenti, hanno scatenato le attuali condizioni d’instabilità del nord e dell’ovest dell’Africa e nel Mali. La fine di Gheddafi, per i gruppi integralisti, è diventata strumento per reclutare nuovi adepti per la guerra santa globale, quindi, un grande pericolo anche per l’Occidente».

«L’intensificarsi dell’iter addestrativo – risponde Cremonesiper i gruppi d’ispirazione qaedista, sono una minaccia destabilizzante per gli Stati coinvolti nella transizione quali Libia e Tunisia e quelli dove esiste la militanza islamica radicale quali Algeria, Mauritania e Nigeria, inoltre, sono un pericolo reale con l’apertura di un nuovo fronte della guerra santa globale nel Sahel da parte delle forze islamiste alle porte del Mediterraneo. Questo fatto deve preoccupare tutta l’Unione Internazionale, pertanto, sono necessarie nuove istituzioni per il rilancio di un’identità nazionale e un nuovo equilibrio tra le varie componenti di controllo e potere in Libia».

Al termine della conferenza, il Generale Pennino ha affermato: «Questa è una nuova realtà dove la Libia sembra tornare alla vecchia separazione tra Tripolitania e Cirenaica dove si rileva una crescente distanza tra le comunità islamica e quelle cristiana. I Paesi coinvolti mancano di una chiara leadership politica nei Paesi interessati dagli scontri e, infine, ancora una volta, si evidenzia la mancanza di una politica estera comune nell’ambito dell’Unione Europea».

Dal canto mio, mi auguro che questa lotta al massacro possa terminare nel più breve tempo possibile perché, in quei teatri di guerra tribale, purtroppo, non sono assolutamente salvati i fondamentali diritti umani.

Al termine di un’animata partecipazione del pubblico, che ha interagito con i due conferenzieri, sono rimaste in sospeso ancora tante domande, che saranno evase in un prossimo futuro con altre conferenze, così come ha promesso il Generale Pennino che ha chiuso brillantemente questa prima conferenza.