IL CHICCO DI GRANO

C’è qualcosa di bello da fare nel mondo

Vorrei riflettere con voi sulla Parola di Gesù: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv. 12, 24-25). Una riflessione sui temi del “nascere e rinascere”, del “morire per vivere”.

Un giorno, quello della nostra nascita in questo mondo, anche noi siamo caduti in terra, caduti nel tempo e quindi nella storia: lì sta il nostro nascere, il nostro abitare, il nostro rinascere e crescere.

Siamo “caduti in terra”, nell’ humus terrestre fatto di polvere, ma pure di acqua, aria, minerali, piante, animali; quell’ambiente reale che bene illustra Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si’. Quell’essere caduti là, ci qualifica come “essere di bisogno”, che, dalla terra tutta, traggono energie per vivere.

Siamo pure caduti nel tempo, debitori di tutto quello che prima del nostro stare nella storia è avvenuto, dentro un oggi che ogni giorno si rinnova, incamminati verso un domani. 

Siamo, nella terra e nella storia, come una nota musicale nello spartito di una sonata: là, la nota vive nell’accordo con tutte le altre a cui richiede timbri di suono e offre il suo timbro originale, sostenuta dal movimento di battuta in tempi binari o ternari, comunque variegati, per diventare opera compiuta. 

Ciascuno di noi, germogli in crescita come persone somiglianti a Dio e suoi figli, deve vivere la sua vita con intelligenza e affetti, attraverso movimenti e pause, un po’ come il chicco di grano caduto in terra. 

Un primo movimento occorre attivarlo “dall’indietro”, cioè un lasciarsi investire e permeare da quanto prima di noi esiste e opera. Ciò avviene in noi necessariamente e autonomamente nel piano biologicospirituale e psicologico: quel piano di offerte vitali e condizionamenti, che sono sia limiti sia opportunità e ricchezze. Occorre il coraggio di accettare limiti e ricchezze, con la coscienza di essere animati dallo Spirito di avventura che ci sollecita al traffico dei talenti personali. Dentro e davanti a noi, sta la Bellezza come “baluardo” contro la tentazione del lasciarsi vivere. C’è sempre qualcosa di bello da fare nel mondo.

Un secondo movimento di tutta la nostra persona, va attivato “verso un fuori”. Il germoglio infatti si avventura e uscendo fuori, rompe la zolla, sfida il bello e cattivo tempo, fa sua la luce e il calore. Essendo ciascuno di noi, a differenza del chicco di grano, persone libere di accogliere e di fare, ci si avventura verso “un fuori” e “in avanti”, inseguendo un sogno, un progetto, sempre costantemente confrontato con la realtà che ci circonda.

In questo procedere nella vita passo dopo passo, abbiamo, di tempo in tempo, bisogno di una sosta per confermare la fedeltà nostra alla realtà e prendere coscienza di come si configura il nostro stare nel mondo, la realizzazione del nostro progetto, per poi riprendere il cammino. Ci si ferma per poter ancora camminare, fino all’ultimo giorno, quando la nostra opera resterà comunque incompiuta, perché la fine ci sorprenderà con tanti desideri in attesa. 

Oso pertanto proporre a me a voi, tre indicazioni o figure di realtà per rinascere in ogni tempo.

Noi camminiamo con i piedi sulla terra. Camminando nel tempo noi siamo “una missione”, dobbiamo cioè, con il nostro stile di vita, ingrandire la vita e arricchire il mondo con la nostra originale bellezza e bontà.

Il cuore di ogni appartenenza, di ogni popolo, è la sua cultura, di cui ciascuno è parte e creatore. Il da farsi – direbbe D’Avenia – è “non perdere la misura eroica del vivere”. 

Noi cristiani, non siamo cristiani perché amiamo Dio, ma perché Dio ci ama. Siamo, sulla terra e nel tempo, per dire di sì al suo amore. 

don Renzo

Ivrea, 18 marzo 2018