IL CICLONE FRANCESCO, UN TESTIMONE DI SPERANZA

Nel suo libro Alessandra Ferraro descrive il pontificato, tra abbracci, sorrisi e carezze, e propone un inedito rapporto tra Bergoglio e la spiritualità salesiana

Luigi Mariano Guzzo 27.08.2015    (Recensione di Luigi Mariano Guzzo da VATICAN INSIDER LA STAMPA  del 27 agosto 2015)

«Una rivoluzione silenziosa sia tra le mura vaticane che tra il popolo dei fedeli. Una rivoluzione fatta di gesti, di parole, di atteggiamenti… È il ciclone Francesco che, con gesti e parole, sta rivoluzionando la Chiesa offrendo esempio e testimonianza a partire da se stesso».

Ne parla in questi termini Alessandra Ferraro, vicecaporedattore nella sede Rai di Aosta, del pontificato di Jorge Mario Bergoglio nel libro «Non guardate la vita dal balcone… Francesco testimone di speranza» (Elledici, 2014), che ospita pure i contributi dei giornalisti Rai Bruno Vespa ed Enzo Romeo, di don Pascual Chàvez Villanueva, già rettore maggiore della Congregazione salesiana di don Bosco, di Antonio Staglianò, vescovo di Noto, e di Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria pontificia per la Comunicazione e direttore del Centro televisivo Vaticano (Ctv).

Il volume è anzitutto un mosaico di ricordi, di aneddoti, di episodi ben raccontati per comprendere la personalità e lo stile di questo Papa venuto «quasi dalla fine del mondo», come egli stesso si è presentato ai fedeli di piazza San Pietro nel giorno dell’elezione al soglio pontificio.

Papa Francesco – scrive la Ferraro – è stato chiamato a guidare la Chiesa «in un cammino più che mai accidentato». È, infatti, «una Chiesa bisognosa quasi di una riforma francescana per diventare snella nei suoi apparati, funzionale, meno burocratica».

Il pontificato di Bergoglio segue immediatamente uno degli avvenimenti ecclesiali più sorprendenti degli ultimi secoli, la rinuncia al ministero petrino di papa Benedetto XVI, a cui il libro della Ferraro dedica ben cinque capitoli: «Il gesto del Papa è un richiamo forte a rinunciare a ogni sicurezza umana, confidando esclusivamente nella forza dello Spirito Santo. La sua non è una fuga, ma piuttosto l’umile espressione di una responsabilità che, non potendo più essere onorata nella pienezza del servizio richiesto, può essere solo rimessa nella mani del collegio cardinalizio, perché sia lo Spirito Santo a indicare chi dovrà governare la Chiesa».

E quindi, poi, il 13 marzo 2013, l’elezione di Bergoglio che, «fin dai primi gesti – scrive Alessandra Ferraro – scompagina regole e rigidi protocolli»: «Conserva la croce in argento di quando era Arcivescovo, calza un paio di scarpe nere, quasi consumate dai tanti passi fatti nelle periferie di Buenos Aires, sceglie di vivere nella residenza di Santa Marta e non nell’appartamento papale, perché ha bisogno di condividere la giornata con gli altri, senza isolarsi in una cerchia ristretta di collaboratori». La Chiesa che il Papa desidera è «una Chiesa viva – si legge ancora nel testo – che vada incontro agli ultimi in ogni periferia del mondo, senza paura, senza ipocrisia, ma con assoluta dolcezza».

Tra cornette del telefono alzate e abbracciati offerti, è chiaro lo stile di Bergoglio: «Cercare la gente, i giovani, i ragazzi. Condividere gioie e sofferenze, portare una parola di aiuto e di solidarietà… Bambini, mamme, papà, nonni, famiglie. In piazza San Pietro accolgono e ascoltano papa Francesco. Portano la loro testimonianza, raccontano la propria storia, le gioie e le sofferenze del cammino quotidiano. La fatica, ma anche la speranza di affrontare ogni giorno la vita, così come si presenta, con il suo carico di attese, delusioni, dolori».

Insomma quello di Alessandra Ferraro è un libro che si legge tutto d’un fiato, per lo stile di scrittura semplice e al contempo accattivante, in cui prende forma, tra le pagine, il Papa che tutti ormai abbiamo imparato a conoscere: il Papa missionario, il Papa che va a trovare il suo predecessore, il Papa mediatico, il Papa «né fiabesco né sdolcinato, ma autentico nel suo essere vino a chi soffre, a chi vive nelle periferie materiali ed esistenziali, nei luoghi reali dell’emarginazione, nella solitudine, nella disperazione, nell’abbandono», il Papa che «non ha paura di affrontare spinose questioni legate al mondo dell’educazione e dei rapporti familiari».

Sempre sullo stile comunicativo di Francesco, Bruno Vespa parla di una «rivoluzione comunicativa» che ha avuto inizio proprio «con il rifiuto di abitare nell’appartamento pontificio, di indossare le scarpe rosse mantenendo le sue nere, vecchie e con chilometri addosso, nell’usare una normale berlina invece dell’automobile di rappresentanza, nel telefonare a tante gente senza passare per il centralino. Nel vivere da povero raccomandando la povertà». E così anche Enzo Romeo, secondo il quale con Francesco «il Pontefice torna a essere il pontifex, il costruttore di ponti. Un ritorno alla tradizione più antica, potremmo dire, anche se è percepita come una novità assoluta. Qualcosa, comunque, che va oltre il puro aspetto mediatico per divenire abbraccio autentico all’umanità».

D’altronde, come evidenzia il vescovo Staglianò, la Chiesa di Francesco è una Chiesa che «rinuncia allo sfarzo scegliendo vili metalli, ritorna all’essenziale, rivede la gestualità riducendola al sobrio e arricchendola di quotidianità». «È una Chiesa libera dalla mondanità spirituale, libera dalla tentazione di congelarsi nel suo quadro istituzionale, libera dalla tendenza all’imborghesimento, dalla chiusura in se stessa, libera soprattutto dal clericalismo», dice don Villanueva. Monsignor Viganò, invece, offre una lettura del pontificato di Bergoglio da una prospettiva particolare, quella del Ctv: «Un aspetto saliente che caratterizza le scelte delle regie del Ctv sul versante dell’enunciazione televisiva riguarda la costruzione di un effetto di massima inclusione dello spettatore, proprio per essere al servizio del desiderio di prossimità di papa Francesco. Alcune immagini, quindi, dei primi viaggi di papa Francesco, a Rio de Janeiro o in Italia, a Lampedusa, Cagliari e Assisi, in questo senso sono rivelatrici di una gestione tattica dei punti di vista assegnati al mezzo televisivo, per offrire al pubblico una presa ravvicinata sulla grande intensità emotiva che segna tutti gli incontri del Pontefice con i fedeli».

E nel bicentenario della nascita di don Bosco questo volume su papa Francesco acquisisce un significato particolare. Non a caso Alessandra Ferraro propone un inedito rapporto tra Bergoglio e la spiritualità salesiana: «Don Bosco rappresenta, infatti, un precursore dell’atteggiamento che papa Francesco mostra verso i ragazzi. Il Santo torinese era profondamente convinto che in ogni giovane, anche in quello più disperato, c’è la scintilla di Dio, la luce dell’amore che va coltivata e nutrita… Seppure in un’epoca del tutto diversa, con necessità e bisogni differenti, papa Francesco interpreta e incarna lo spirito salesiano anche nel suo stile di comunicazione, fatto di gesti e parole che dicono allegria, vicinanza, affetto a chiunque incontri».

Alessandra Ferraro, «Non guardate la vita dal balcone… Francesco testimone di speranza», Elledici, Torino, 2014, pp. 128.