CON IL GIOCATORE. SLOT MACHINE, DEL GRUPPO TEATRALE “TEATRO DELLE ALBE”, PROSEGUE LA RASSEGNA “LA FABBRICA DELLE IDEE”.

I pericoli del gioco d’azzardo e la ludopatia al centro dello spettacolo del regista Marco Martinelli in scena a Racconigi domenica 21 giugno alle ore 21.45

ROBERTA MAGNATI, 21.06.2015

TORINO – Lo spettacolo Il giocatore. Slot Machine, in scena presso il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi domenica 21 giugno alle ore 21.45, racconta il “dialogo dalla fossa” – come viene descritto dal regista Marco Martinelli – di un uomo rovinato da una attuale piaga sociale: il gioco d’azzardo.

 

Accompagnata dalle musiche di Cristian Carrara, la pièce immerge il pubblico nei meccanismi e nei pericoli della ludopatia, nella malia del gioco e nella sua subdola seduzione, nella doppiezza dell’animo umano attratto da sfide autodistruttive. Lo spettacolo si fa vera e propria denuncia contro la gigantesca industria delle scommesse, contro quel «tunnel dove ogni legame è reciso, dove resta solo il brivido di stare davanti alla sorte», come afferma Marco Martinelli.

Marco Martinelli nasce a Reggio Emilia il 14 agosto 1956. Nel 1983 fonda, insieme alla moglie Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni, il “Teatro delle Albe”, operando nella compagnia in qualità di drammaturgo e regista. E considerato dalla critica specializzata uno dei registi fra i più intelligenti e originali.

Con queste parole il regista descrive il giocatore protagonista della sua pièce: «Amara è la sua fine e, nel suo malato sogno di potenza, delira da solo dal fondo di un fossato di campagna, colpito a morte dai suoi strozzini, allo stesso tempo vittima e carnefice di se stesso». Poi continua soffermandosi sul concetto di “gioco”: «Il gioco è una sfinge. Come una sfinge, ci interroga sulla nostra natura. E se siamo noi a interrogarlo, a interrogarne il concetto, l’essenza, la presenza millenaria nella storia dell’umanità, come un oracolo antico ci fornisce risposte ambigue: il gioco può manifestarsi come la voragine dell’autodistruzione solitaria, oppure, al contrario, come il senso più alto e bello dello stare insieme, del miracolo della convivenza. Il gioco può rivelarsi strumento demonico o danza angelica, inferno o paradiso, perché va al fondo della nostra enigmatica natura umana» – e prosegue – «Il bivio è lì, davanti ai nostri occhi incerti e titubanti di pellegrini, e non vi è nessuna guida sicura che possa suggerirci la strada: è la nostra sorte che è in gioco, e tocca a noi e solo a noi scommettere su quale via prendere. E la scommessa non la si fa una volta per tutte: è una sfida da rinnovare ogni giorno, ad ogni ora di ogni giorno il bivio si ripresenta, implacabile».

Marco Martinelli conclude sottolineando l’inevitabilità di una scelta che prima o poi si presenta a ciascun essere umano: «Dobbiamo puntare, in fondo, sulla strada da percorrere, è il nostro destino, la nostra destinazione: e siamo incastrati, non ci è possibile non scegliere, non possiamo non stare al gioco, al gioco della vita e della morte, non possiamo eludere e scappare. Il prezzo, e le conseguenze della giocata, saremo solo noi a pagarli: quel che, forse, possiamo e dobbiamo scegliere, è da chi e da che cosa lasciarci afferrare».