IL MESTIERE DI SCRIVERE NEL MONDO DI OGGI

Il Direttore Carlo Verdelli al Polo del ‘900 per raccontare agli aspiranti giornalisti cosa significa per lui la professione

Ilaria Destefanis, 29.04.2017           FOTOGALLERY

TORINO – «Motivazione, passione, sacrificio, onestà». Queste alcune delle caratteristiche fondamentali del giornalista con cui il vice caporedattore Rai Alessandra Ferraro ha aperto l’incontro di venerdì 28 aprile al Polo del ‘900, presentando un collega professionista eccellente dalla grandissima esperienza: Carlo Verdelli.

Collaboratore delle maggiori testate nazionali e non solo, ex vicedirettore del Corriere della Sera, Direttore di Sette, Vide Presidente del gruppo Condé Nast, Direttore della Gazzetta dello sport e Direttore editoriale per l’Offerta informativa della Rai, Verdelli ha stimolato i giovani aspiranti giornalisti del Corso Multimediale della Fondazione Donat-Cattin e del Master di Giornalismo Giorgio Bocca con una  lectio magistralis dal titolo “Il giornalismo come mestiere di servizio.

Un mestiere che, da un lato, offre una ricchezza impagabile: la possibilità, secondo il direttore Verdelli, di poter avere un’educazione in itinere, che non si arresta mai. Motivo per cui, nel corso degli anni, Carlo Verdelli ha sempre cambiato ambito d’azione, valutando come un dono tutte le esperienze, positive o negative, che gli insegnavano qualcosa. «La vita è troppo breve per non imparare cose nuove», consiglia con un sorriso ai giovani in sala, dando un suggerimento da tenere in conto non solo nel mestiere, ma anche nella vita quotidiana.

Dall’altro lato, però, il giornalismo sta trasformando il proprio volto e la propria natura in seguito all’enorme diffusione, nell’ultimo decennio, dei social media e degli smartphone, che hanno mutato gli usi e costumi mondiali con un’accelerazione mai sperimentata prima. In questa fulminea concretizzazione del “villaggio globale” ipotizzato dal filosofo Marshall McLuhan negli anni ’60, la connessione continua con il mondo ha reso i lettori padroni dell’informazione, e non più fruitori passivi quali erano solo fino al decennio scorso. 

«Dall’era di Gutenberg siamo passati all’era di Zuckerberg», provoca Verdelli citando lo “zar” dell’impero di Facebook, sottolineando un limite comune a tutti i giornali cartacei del Paese, ovvero l’incapacità di comprendere realmenteil mondo circostante ormai entrato nella nuova era digitale. Ma per poter raccontare i fatti e svolgere nella maniera migliore il proprio mestiere di servizio, il giornalista deve abitare il mondo, scendere in campo fino a consumarsi le suole, ascoltare i lettori, parlare la loro lingua in continuo cambiamento.

Il mondo della comunicazione lavora oggi in un ambiente nuovo, in cui i cittadini hanno nuove esigenze e ridisegnano continuamente il proprio palinsesto di interessi, consapevoli del proprio potere e dei propri diritti. «È cambiata la parola d’ordine del comunicareafferma VerdelliPrima era mediare, adesso è conversare». I lettori, che hanno conquistato con le nuove tecnologie, fra gli altri, il diritto di interagire sul web e sui social, grandi «agorà della comunicazione mondiale», pongono dei problemi ed esigono risposte credibili, funzionali e disponibili in ogni momento.

Tuttavia quanti giornalisti di oggi riconoscono il nuovo ruolo degli utenti dell’informazione e le esigenze che ne derivano? «I giornalisti del cartaceo spesso si ritirano spaventati nei loro castelli assediati dai media, senza capire che non siamo davanti ad una crisi dell’informazione, ma ad un cambiamento di scenario dell’informazione» dice chiaramente Verdelli. E gli utenti percepiscono facilmente il distacco dei giornali dalla nuova civiltà in cui operano, motivo per cui li acquistano sempre meno finendo a volte per preferire le cosiddette fake-news, notizie false o stravolte per vari scopi, ma più appetibili e accessibili di quelle ufficiali.

È una visione dinamica dunque quella di Verdelli, che vede il giornalista ideale come una figura in costante mutamento, di pari passo con la realtà che vuole raccontare. Sempre, dato non così scontato, con una profonda onestà nel porsi davanti al lettore come interprete e non possessore assoluto della verità, non superiore all’utente, ma accanto a lui nella comprensione del mondo.

«Il fatto che i giornali debbano rinnovarsi non vuol dire che finirà il giornalismo. – chiarisce il Direttore in chiusura – Anzi, nel momento in cui i professionisti del mestiere impareranno come parlare al pubblico, sfruttando con consapevolezza invece di combattere i nuovi strumenti a loro disposizione, saranno in grado di portare l’informazione ad un numero sempre maggiore di lettori. Con la responsabilità, ovviamente, che quell’informazione sia davvero “buona” e precisa come questi si aspettano per potervi porre fiducia».

Riflessioni senz’altro stimolanti per i professionisti già operanti nel settore, a cui occorrerebbe una formazione continua per non perdere il contatto con la civiltà che avanza, ma soprattutto per i tanti giovani che si stanno avvicinando al mestiere e hanno ascoltato con ammirazione le parole del direttore Carlo Verdelli.

L’abitudine all’approfondimento, alla curiosità, all’accuratezza nell’informazione, lo stare al mondo con consapevolezza, la responsabilità del professionista, sono solo alcuni deglistimoli che i presenti hanno potuto caricare sul loro bagaglio di esperienza, confortati, in questa corsa alla tecnologia, dalle parole dello scrittore Sebastiano Vassalli, citato da Verdelli: «Finché ci saranno al mondo due persone, ci sarà chi racconta una storia e ci sarà chi ascolta una storia».

E proprio chi ama il mestiere dello scrivere e non vuole smettere di raccontare storie, perché l’informazione libera non si perda tra i giochi di potere dei nuovi imperi della comunicazione, dovrà partecipare in prima persona al rinnovamento, imminente e inevitabile, del giornalismo.

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