IL ROMANZO DI PRINCIPIA BRUNA ROSCO ALLA SCUOLA MILITARE DI MILANO

Con il colonnello Francesco Giordano due relatori d’eccezione, i generali Antonio Pennino e Camillo de Milato presentano “L’INCURSORE-La Pace Armata”

GIANNI FERRARO, 04.10.2012

da sinistra il Gen. Camillo de Milato, la scrittrice Principia Bruna Rosco e il Gen. Antonio Pennino MILANO – Venerdì 28 settembre, nella prestigiosa sede della Scuola Militare Teuliè di Corso Italia a Milano con  il colonnello Francesco Giordano a  far gli onori di casa, hanno presentato il romanzo “L’INCURSORE” di Principia Bruna Rosco due relatori d’eccezione, due generali, il nuovo comandante dell’Esercito Militare Lombardia Antonio Pennino e il suo predecessore Camillo de Milato, attuale presidente della Fondazione “Asilo Mariuccia”.

Prende la parola il generale Antonio Pennino definendo l’Incursore Jonas Valenti, protagonista del romanzo, uno dei soldati più preparati del mondo, un eroe, un uomo consapevole dell’importanza storica dell’Italia nelle missioni internazionali di stabilizzazione e di compartecipazione. La sua storia riflette tutto il travaglio umano del soldato che, gravemente ferito, deve prepararsi ad una nuova guerra: la guerra dell’uomo che non può concepire di finire la sua vita su una sedia a rotelle o con la sua prematura morte. Lui, che come un vero guerriero non si è dato mai per vinto, ora in un letto d’ospedale deve trovare tutta la forza  e la potenza per combattere contro e a favore di se stesso.

Dalla trama coinvolgente della storia vera di Jonas Valenti emerge tutta la fatica, il sangue e il sudore con cui nella vita reale di un contesto guerresco si conquista la pace. Camillo de Milato cita alcuni episodi di particolare intensità emotiva come quando Jonas raccoglie fra le braccia il suo amico soldato mortalmente ferito, tra l’odore acre del sangue e i suoi gemiti, e bastano pochi istanti perché i loro occhi si parlino in uno sguardo profondo e infinito che unisce le loro anime. In un altro passo si vede ancora il dramma di Jonas che non potrà mai dimenticare le urla degli stupri di gruppo e la naturalezza con cui veniva compiuto il massacro, né il pianto delle donne che trovavano nei villaggi saccheggiati del Kosovo in cui troppo tardi erano arrivati.

Durante la presentazione, l’autrice legge, poi, parte della lettera da lei scritta al suo anonimo coautore Jonas Valenti -probabilmente già lontano rischia ancora la vita per portare pace e libertà- : «Rimasi agghiacciata quando mi svelasti che sul tuo corpo porti i segni di tutte le prove che hai affrontato. “Fa parte del gioco” mi rispondesti per tranquillizzarmi. Io credo che nessuno, compresa me, abbia mai saputo cosa voi incursori affrontate e il perché. Senza contare che non ci rendiamo conto della brutalità delle torture (tuttora avvengono) che violano non solo il corpo ma anche l’anima, come vengano continuamente violati i Diritti Umani e come voi vi prodigate per farli rispettare. Il tuo personaggio mi ha affascinata soprattutto per il coraggio dimostrato nelle pieghe di una guerra, che non conosciamo come guerra: quella civile armata dei servizi segreti. Tu sei un soldato valoroso e il fatto di esserti aperto per far capire al mondo il dolore che si prova in una situazione di belligeranza, è un altro atto di coraggio».

Il generale di Corpo d’Armata Giorgio Battisti, comandante “NATO – Reazione Rapida”, nella prefazione del romanzo ha fatto un’eccellente disquisizione sul coraggio e sui valori con i quali si nutrono gli Incursori: «Quello dell’Incursore è un compito che può rivelarsi, talvolta, difficile e impegnativo e per il quale purtroppo accade di dover pagare un prezzo elevato. Un prezzo che fa parte della condizione militare e di cui ciascun soldato è compiutamente consapevole – ancor più chi serve nelle fila delle “forze speciali”. Una sorta di “eroismo quotidiano” di chi riesce a dare valore a ogni giornata, mai venendo meno all’impegno preso con un giuramento e all’apostolato dell’ideale di vita al quale ha aderito. Un eroismo che spesso non trova spazio nei libri di storia, ma che lascia traccia di sé nella vita di ogni giorno, perché per essere tale richiede carattere, forza di volontà, costanza nell’azione. Un eroismo che si alimenta di concretezza e che trova la propria ragione d’essere nell’esercizio continuo delle virtù vissute realmente e non solo decantate. Lo spirito di questo impegno ha contribuito nel nostro Paese ad affermare prima, e a proteggere poi in modo solenne, i valori democratici dell’identità nazionale. In una prospettiva globale, lo stesso impegno oggi si ritrova nel contrasto della minaccia terroristica transnazionale, per una pacifica convivenza tra i popoli e per portare soccorso e offrire prospettive di vita e di futuro migliori a terre e a popoli in difficoltà. È grazie a questa consapevolezza che la “grande famiglia” delle Forze Armate ha saputo e continua a preservare e a valorizzare il suo bene supremo. Non va quindi dimenticato che l’uso – legittimo – della forza è la ragion d’essere delle Forze Armate; è perciò una grande responsabilità quella che impone a ogni soldato di illuminare ogni proprio agire, alla giusta sintesi tra scrupolo e fermezza, preparazione e pragmatismo, orgoglio e compostezza, trasparenza e riserbo, audacia e controllo, integrità e umiltà. Ed è il continuo essere presenti a se stessi, la valutazione degli effetti del proprio comportamento sul piano etico, che ispirano l’azione del militare e che lo espongono anche al concreto rischio della vita. La consapevolezza dell’accettare la propria morte, non per una sciagurata casualità, ma come condizione immanente della propria situazione militare, è la grande responsabilità; accettare quindi di poter essere chiamati a rispondere all’opponente, anche nella maniera estrema, per salvaguardare la vita stessa dei propri compagni e, allo stesso tempo, a porre la propria nelle loro mani, crea, sul piano della dimensione antropologica, una consapevolezza collettiva, che dovrebbe travalicare il luogo comune del “guerrafondaio”».

All’evento era presente il generale in congedo Piero Lucchetti che, in un suo scritto si è così espresso: «La trama mi si è svelata nell’intreccio delle ambientazioni nel mondo dei servizi segreti con i profili e i sentimenti di uomini e donne del nostro tempo. Non tutti vincono: la moglie/madre che, con dedizione silenziosa, si occupa della “famiglia/casa con prole”, è nel sottofondo di tutto il racconto, in posizione meno brillante. Ed è una donna che, essendo poco “frequentata”, è fuori della vicinanza e comunione di vita e sentimenti vissuti dagli altri, ed è poco partecipe delle  forti ed intense emozioni che facilitano, alimentano e rafforzano profondi legami affettivi e naturale attrazione interpersonale».

L’autrice Principia Bruna Rosco riversa con grande abilità in questo suo romanzo tutta la sua capacità espressiva che l’ha resa famosa nell’arte della pittura. A tal proposito, il critico d’arte Giorgio Falossi, che venticinque anni fa ha presentato la prima importante mostra di Principia, scrive: «Sono opere nelle quali la Rosco ci parla di “anima”, fatta questa di colori, di crepitii, di un espressionismo che mette cromatismo e segno, ma anche amore e interpretazione a disposizione della Natura. Un vortice di Natura, ove la luce entra in punta di piedi con il compito di far conoscere la bellezza, con il compito di illuminare quella bellezza che sfugge alla distratta umanità moderna. La forte personalità dell’artista dirige sulla tela sensazioni e apparizioni per far scaturire un lungo momento composto di musica, profumo, immagini. Principia Bruna non finisce mai di stupirci. “L’Incursore” è un romanzo, che si unisce ad altri suoi scritti non ultimi quelli dedicati alla poesia».