MADRE SPERANZA, NUOVA BEATA PER LA CHIESA

La piccola suora spagnola che ancor oggi da Collevalenza irradia Speranza, Santificazione e Carità.

Davide Ghezzo, 01.06.2014                                     FOTOGALLERY

COLLEVALENZA – La spianata del Santuario di Collevalenza, adagiato sulle colline umbre non lontano da Todi, si è gremita di migliaia di pellegrini, provenienti persino dall’America, per il rito di beatificazione di Madre Speranza, la suora spagnola scomparsa nel 1983 che diede vita a questo straordinario Centro di spiritualità denominato anchepiccola Lourdes” per l’acqua miracolosa che purifica e sana tanti fedeli.

La cerimonia, svoltasi sabato 31 maggio sotto un cielo di nuvole bianche, che hanno portato anche qualche goccia di pioggia, è stata officiata dal cardinale Angelo Amato, Prefetto delle Cause dei Santi. La concelebrazione ha coinvolto ben 6 cardinali, 38 vescovi, e 280 sacerdoti, in un’atmosfera di solennità e insieme di gioiosa fiducia, leggibile negli occhi e nei sorrisi dei pellegrini, della più diversa origine ed estrazione, radunatisi nel grande piazzale antistante gli edifici del Santuario e delle Congregazioni dell’Amor Misericordioso (maschile e femminile) fondate da Madre Speranza fin dagli anni Cinquanta.

La storia della suora spagnola può essere rivisitata alla luce di alcune parole chiave. La prima è ovviamente insita nel suo stesso nome Speranza: la sua capacità di ascolto dei pellegrini, oltre cento al giorno, le dava la forza di trasformare proprio in speranza i sentimenti di dubbio, amarezza, incredulità di coloro che la avvicinavano.

Un altro termine imprescindibile per capire la figura di Madre Speranza è Santificazione. Era come un’ansia, un’urgenza di superare i propri limiti, le proprie umane debolezze, profondendo senza risparmiarsi tempo, energia, beni materiali – quei pochi a disposizione – nell’assistenza dei più poveri e afflitti. E la santificazione era anche la via che la suora indicava a tutti coloro che chiedevano consiglio e assistenza spirituale.

Come ha voluto ricordare il cardinale Amato, ella si fidava di Dio a occhi chiusi. Citava spesso un proverbio spagnolo: “Chi ordina, paga.” Intendeva dire che siccome è Dio a impostare la vita spirituale di ciascuno, sarà Lui stesso a provvedere agli uomini i mezzi necessari a raggiungere i fini voluti dall’Alto. Del resto il contatto col Signore era intimo e fecondo, se è vero che restano oltre 2300 pagine di suo pugno, riguardanti il suo cammino di fede e di riflessione sui messaggi spirituale che ella, misteriosamente, sentiva giungere al cuore.

Una terza parola chiave, a definire la fisionomia interiore di Madre Speranza, è senz’altro Carità.  Una carità, da un lato estremamente concreta e utile alla sopravvivenza e alla salute fisica – per esempio dei feriti della Seconda Guerra Mondiale – che assumeva il carattere spirituale del perdono quando offriva parole di comprensione e di dolcezza a tutti, compresi coloro che la denigravano, e che lei chiamava benefattori, in quanto, con la loro persecuzione, l’avvicinavano alla santità.

Una santità riconosciuta di fatto già da Giovanni Paolo II, che venne “pellegrino” al Santuario nel 1981, nel suo primo viaggio apostolico dopo l’attentato; e che raggiunge finalmente il primo importante riconoscimento formale  nell’ambito di un processo di canonizzazione iniziato nell’ormai lontano 1988, a soli 5 anni dalla sua dipartita terrena.

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Fotogallery di © Laura Cerchio – maggio 2014

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