“LA GRANDE BELLEZZA” DI SORRENTINO

Personaggi dalle vite naufragate nel denaro e nella menzogna 

RACHELE MAJERNA – 13. 04.2014

TORINO  – Con “La grande bellezza” , recente trionfatrice agli Oscar americani, Paolo Sorrentino sembra voler presentare ai suoi spettatori una “Babilonia disperata” nel cuore oscuro e invidiato della capitale attraverso la forza delle immagini, il montaggio implacabile, la colonna sonora che stordisce con la disco music e incanta con la musica sacra e una sceneggiatura (dello stesso Sorrentino) veloce e crudele.

La Roma che ci viene presentata non è più quella di Fellini (ne “La dolce vita”) o di Scola (ne “La terrazza) ma è altro e all’inizio del film l’autore lo spiega con un estratto da “Viaggio al termine della notte” di Céline: «Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco, la sua forza, va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato… ».

In questo viaggio “inventato” eppure così vero, ci accompagna Jep Gambardella (Toni Servillo), re della mondanità, ridotto a fare il giornalista ma diventato famoso con “L’apparato umano”, il suo primo e unico romanzo scritto a 20 anni, perché poi «Roma ti deconcentra», si giustifica. Ogni tanto porta a letto una bella donna ricca, la notte si incontra con quelli che contano per ballare sulle terrazze o negli attici ultimo design o si affloscia sui divani a parlare di vacuità.

Toni Servillo offre una magistrale interpretazione a  il suo Jep, un personaggio geniale, un gaudente immerso nei meandri interiori dell’esistenzialismo, capace di giudicare e giudicarsi. Con le magnifiche giacche, arancioni o gialle sui pantaloni bianchi, il cappello dello stesso colore, la sigaretta sempre tra le dita, il sorriso compiacente di chi è sempre al centro della festa ma non della sua vita e che ritrova nel silenzio e nella solitudine dell’alba la speranza che forse riuscirà a tornare a scrivere. Questi sono i suoi momenti di magia in cui si lascia andare al ricordo di un amore inconcluso della prima giovinezza, quando il suo futuro era intatto e pieno di promesse.

Sono le pause dal baccano e dal caos, in cui si può ritrovare la grande bellezza: quella di una città meravigliosa, consegnata ai turisti, invisibile ai romani ma non allo sguardo di Sorrentino.

Attorno a Jep, e quindi a Servillo, una folla di personaggi dalle vite naufragate nel denaro e nella menzogna, tutti affidati ad attori di talento: il poeta fallito, Carlo Verdone, innamorato respinto che torna al paese; il prelato gaudente, Roberto Herlitzka, che si lancia nelle danze e preferisce parlare di gastronomia invece che di spiritualità; l’opinionista, Stefania di Galatea Ranzi, un misto di superbia e moralismo sempre impegnata nel sociale, ma che in realtà nasconde una famiglia distrutta e una vita infelice; e  molte altre caratterizzazioni di spicco interpretate da nomi come Sabrina Ferilli, Isabella Ferrari, Iaia Forte e Massimo de Francovich.

A fare da sfondo agli eterni tipi romani è la bellezza austera di Roma che apparirà ogni tanto come un prezioso reperto della sua storia, mentre la folla dei privilegiati guarderà le facce rifatte delle signore, l’agitarsi nel ballo sguaiato degli uomini di potere e il mondo di Ultracafonal.

Un film dallo sguardo ultramoderno, vagamente allucinato, da apprezzare o rifiutare, probabilmente, in toto, anche in funzione della cultura cinematografica di ognuno.