RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI TRAPANI E PACECO

Alla scoperta dell’Oro Bianco tra tradizione e natura, tra terra e mare

Chiara Tobia, 06.10.2015

TRAPANI – Un equilibrio quasi perfetto tra natura e uomo è quello che si percepisce durante una singolare escursione alla Riserva Naturale Orientata “Saline di Trapani e Paceco” organizzata dall’associazione Maremontis  in occasione dell’Educational Tour Sicilia Occidentale per gli operatori della comunicazione e della promozione turistica.

La riserva istituita con il  decreto dell’Assessore Regionale al Territorio e Ambiente n.257 dell’11 maggio 1995, grazie al lavoro svolto dal WWF, ente gestore, è stata sottratta all’abbandono e all’incuria. Estesa su circa mille ettari, tra i territori di Trapani e Paceco, questo magnifico luogo è un sito di interesse Comunitario (SIC), zona di protezione Speciale (ZPS), rientra nell’ Important Bird Area (IBA), ed inoltre è una zona di importanza internazionale ai fini della convenzione RAMSAR; è l’esempio di come un antico mestiere come quello della coltura del sale si possa fondere con un oasi naturale tutta da scoprire, fatta di fauna e flora tipiche di questi ambienti umidi. E’ un paesaggio particolare troppo geometrico e regolare per non essere opera dell’uomo ma anche troppo partecipe all’azione del vento, del sole e del mare per non essere un’ espressione della natura.

L’interessante visita guidata dalla direttrice della riserva, Anna Giordano, mostra infatti come un territorio apparentemente antropico possa invece nascondere una biodiversità notevole. I bacini utilizzati per l’estrazione del sale sono habitat sia per microspecie come batteri e piccoli organismi sia per diverse specie di flora e di fauna. Questa zona umida accoglie più di 200 specie di avifauna durante tutto l’anno, ed è proprio per questo che viene infatti considerata un sito di grande interesse ornitologico e quindi di birdwatching; queste specie trovano nelle saline un luogo ideale per la sosta durante la migrazione o per la nidificazione. La più famosa è certamente il fenicottero rosa (Phoenicopterus roseus), che trae nutrimento dall’Artemia salina, piccolo crostaceo che gli conferisce la tipica colorazione rosa perché a sua volta si nutre di una microalga la Dunaliella salina; seguita poi dall’avocetta (Recurvirostra avosetta), simbolo della riserva, che ne ha fatto di questi luoghi un sito di nidificazione. La riserva ospita i maestosi airone bianco e cenerino, la garzetta (Egretta garzetta), il curioso cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), il fraticello (Sternula albifrons), il fratino (Charadrius alexandrinus),il falco di palude (Circus aeruginosus) oltre adiverse specie di anatidi e ormai il diffuso gabbiano. Non mancano nemmeno diverse specie di flora, che attraverso speciali adattamenti riescono a sopravvivere in questi ambienti salmastri come ad esempio la salicornia glauca (Arthrocnemum macrostachyum) e il fungo di malta (Cynomorium coccineum). Questa è però solo una piccola parte di questo meraviglioso e curioso mondo che riesce a sorprendere ogni volta che lo si visita.

L’aspetto antropico di quest’oasi risiede nella produzione del sale, una preziosa attività ereditata dal passato; infatti il territorio include nella maggior parte proprietà private, piccole o grandi realtà volte alla produzione del sale. L’origine si fa risalire al periodo dei fenici, ma il sale, chiamato “oro bianco” fu un elemento fondamentale durante il periodo romano quando assunse la dignità di moneta per il pagamento dei soldati (da qui salario). Il sale fu inoltre utile sia in medicina per prevenire alcune malattie come il gozzo ma anche in cucina per la conservazione di carni e pesci.

La passeggiata continua attraverso un paesaggio fatto di mulini, di grandi e piccole vasche cristalline il cui colore cambia in base ai raggi del sole, e di grandi cumuli di sale luccicante, che appaiono come una massa bianca splendente di oro bianco. È incredibile pensare alla fatica di un tempo nel mettere in moto questa macchina speciale; adesso i macchinari, soprattutto nelle industrie più grandi, hanno quasi del tutto sostituito l’uomo ma diversi anni fa la raccolta del sale era un vero e proprio rituale.

All’interno del paese di Nubia si arriva al Museo del Sale dove la tradizione salinara, attraverso gli attrezzi usati e grazie ad una guida, viene raccontata: i protagonisti assoluti sono naturalmente l’acqua del mare, i mulini che venivano messi in moto grazie al vento e servivano per il trasporto dell’acqua tra le vasche e il sole per l’evaporazione dell’acqua. Le saline appaiono come un paesaggio squadrato fatto da una serie di vasche, collegate tra di loro, in particolare cinque tipologie diverse per dimensione e per concentrazione di sali (la “fredda”, il “vasocultivo”, la “ruffiana”, la “caura” e la “casedda”). Il lavoro del salinaro inizia in primavera con la pulitura delle vasche e finisce alla fine dell’estate con la raccolta del cloruro di sodio; la raccolta, viene raccontata come un rito tradizionale che i salinari solevano fare nel periodo estivo sotto il sole cocente; con i loro “pali pi rumpere”, strumenti tipici per la raccolta, rompevano i cristalli di sale canticchiando una tipica canzone e muovendosi effettuando una sorta di danza propiziatoria che li aiutava a superare le fatiche ma che serviva anche di buon auspicio.

Insomma, siamo di fronte ad un paradiso tutto da scoprire, difficile da descrivere ma assolutamente da vivere, grazie anche ai meravigliosi tramonti che solo questo paesaggio incastonato tra le isole Egadi e il monte Erice sa regalare.

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