RIVOLGERE LO SGUARDO E FIDARSI DELLA PAROLA

Quanto oggi è annunciato nel testo di Mc. 1,14-15: “Gesù, andando in Galilea, diceva: «il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo»”, è stato scritto da Marco e dalla sua piccola comunità – un gruppo misto per origine e cultura, ma ancora legato al mondo ebraico -, attorno al 70 d.C., immediatamente dopo la distruzione del Tempio. Il Tempio era allora, per Ebrei e Cristiani, il segno-luogo della presenza di Dio sulla terra e nella vicenda umana. Com’era possibile che Dio ne permettesse la distruzione? Roma più forte del “Dio degli eserciti”? Nella piccola comunità cristiana la distruzione aveva creato sconforto e dubbio sulla promessa di una presenza di Dio tra gli uomini.

Marco è un giovane testimone di quella promessa e alla sua comunità disorientata, scrive quanto il suo cuore e la sua mente crede e ricorda, quanto Gesù disse all’inizio della sua predicazione, quanto l’aveva convinto a lasciare la prassi giudaica e a seguirlo. Per Marco Gesù è il racconto di Dio con noi. A lui va rivolto lo sguardo con fiducia. L’incontro con Lui dà valore e senso al nostro vivere nel tempo e promuove una vita bella, buona e felice. 

Certo, occorre ascoltarne la voce, fidarsi di Lui, ripercorrere il suo stare e fare tra gli uomini, come fecero, 40 anni prima, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni (Mc. 1,16-20). Il tutto detto con originaria franchezza: l’essenziale è l’incontro con Lui.

L’incontro è evento-segno di contraddizione: nell’incontro si apre la possibilità, la verità, la bontà, la gioia del vivere nostro tra uomini e con Dio. Nello scontro invece tutto è bruciato.

Per convincerci della verità originaria dell’incontro, basta ripercorrere gli anni da noi vissuti. Noi, generati da un incontro, siamo “venuti alla luce e al palpito vitale” nell’incontro. I battiti primi del nostro cuore e del nostro partecipare alla vita del mondo, sono stati possibili nell’incontro prenatale, natale e post natale, sintonizzando i battiti del nostro cuore con quelli di una madre e la presenza affettuosa di un padre. I primi giorni, i primi mesi … tutto è incontro: l’aprire gli occhi e incontrare un volto sorridente e benevolo, i primi passi, la mano nella mano, le prime parole biascicate … Guai se fossero venuti a mancare quei gesti; pur nutriti con cibo ci saremmo ammalati.

Perché, anche da grandi non evocare quest’inizio che racconta la possibilità e la verità del nostro stare nel mondo? Tutto si gioca nell’incontro, la cifra del nostro farsi uomo e farsi donna.

Appena cresciuti, la scuola è incontro, il villaggio, la città, sono incontro: il mondo intero è incontro.

E solo nell’incontro tra uomini si incontra Dio: “là dove due o tre sono riuniti!”. Il nostro abitare l’ambiente-natura è ancora incontro. “Laudato sì mi Signore per sora nostra Madre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”.

L’incontro è custodia e promozione del nostro viaggio tra le creature e con Dio: ci uniamo per farci carico di qualcosa che ci è stato affidato e ci affidiamo a Lui. “Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza” (Laudato sì nn. 243-244).

Perché l’incontro avvenga, di noi persone libere e coscienti con persone, Dio e ambiente, occorre a noi discernimento, lo scorgere cioè l’autentico in ogni essere, e coraggio, cioè orientare e muovere l’accogliere con cuore pieno e generoso, un agire col cuore.

 don Renzo Ivrea, 21 gennaio 2018