SOCHI 2014, IL GIOIELLINO DEL PRESIDENTE DA 50 MILIARDI DI DOLLARI

Quando lo sport diventa continuazione della politica con altri mezzi

ANASTASIA RADCHUK, 13.02.2014

TORINO – Dal 7 Febbraio 2014 gli occhi di tutto il mondo sono puntati verso un’unica direzione:  Sochi. Il motivo principale è sicuramente la ben nota celebrazione dei Giochi Olimpici Invernali, la città della Russia meridionale ne sta infatti ospitando  la XXII edizione.  Tuttavia la bufera di polemiche ed eventi che scagliano le Olimpiadi nell’occhio del ciclone estendono il celebre evento oltre i confini della sfera sportiva.

L’elezione della città organizzatrice dei giochi è avvenuta nel 2007. Sette anni e 50 miliardi di dollari dopo, esattamente alle ore 20,14, ha preso inizio la cerimonia di apertura che ha visto sfilare sotto gli occhi del presidente Vladimir Putin le rappresentative di ben 88 paesi partecipanti.  I 2 miliardi spesi dalla città di Torino nel 2006 e da Vancouver nel 2010 sono stati superati ben 25 volte, confermando quella di Sochi la più costosa manifestazione olimpica  mai organizzata.  Se lo sport è la continuazione della politica il presidente russo ha così voluto sfruttare l’occasione per dare prova della sua forza, riconfermando l’indiscussa posizione della Russia tra le principali potenze mondiali. Tuttavia lo sforzo ha avuto un che di esagerato, soprattutto agli occhi dei principali rappresentanti occidentali, molti dei quali hanno disertato la cerimonia inaugurale. Balzano agli occhi le assenze di Angela Merkel, François Hollande,  David Cameron e Barack Obama. Il presidente americano ha anche lanciato una piccola provocazione: «Non credo che per organizzare delle Olimpiadi di successo gli Stati Uniti debbano spendere 50 miliardi di dollari». La “frecciatina” non è stata degnata di risposta, se non con un’accidentale coincidenza: durante lo spettacolo di apertura a causa di un guasto tecnico uno dei cinque cerchi olimpici non si è acceso, proprio quello rosso che corrisponderebbe all’America.

L’Italia, invece, ha presenziato nell’onorevole tribuna dei leader internazionali con l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta che ha orgogliosamente salutato i 113 atleti azzurri. Il Movimento Cinque Stelle storce il naso, il fatto che Letta fosse uno dei pochi leader occidentali presenti è sembrato un segno di debolezza, come se l’Italia chinasse il capo di fronte al potente di turno. Il presidente però, ufficialmente dimesso dal 14 Febbraio, si giustifica con una lettera al Corriere della Sera spiegando che è importante esprimere «in una dimensione pubblica, la nostra concezione di libertà, di comunità, di rispetto dell’altro. Esserci – continua – non significa dismettere ma anzi riaffermare il ruolo che l’Italia svolge, e ancor più continuerà a svolgere quando sarà alla guida dell’Europa nel prossimo semestre, per l’estensione (e certo non per un arretramento) dei diritti».

A questo punto l’argomento di discussione viene ritrattato e sorge una nuova petizione online, accolta da oltre seimila firme,per chiedere all’ex premier di indossare un fazzoletto rosa alla cerimonia, in segno di solidarietà espressa dall’Italia alla comunità gay russa. Sì, perché in attesa del lieto evento olimpico Putin ha curato l’immagine della sua amata Russia in ogni dettaglio e, dopo aver condannato a morte oltre duemila cani randagi considerati “spazzatura biologica” che mette a rischio la salute della comunità internazionale, si prosegue con l’approvazione delle famigerate leggi omofobe. Pesanti decisioni dal gusto sovietico secondo le quali si stabilisce il “divieto di propaganda omosessuale”, una definizione strategicamente vaga per dare ai giudici la possibilità di punire con multe fino a 15mila euro artisti, attori ma anche comuni cittadini colti ad esprimere pubblicamente un’opinione sulla situazione degli omosessuali, ma soprattutto vietare preventivamente eventi, manifestazioni e concerti che possano essere ritenuti a rischio di “propaganda gay”. La quota dei manifestanti in protesta arrestati davanti alla Duma di Mosca conta appena 23 giovani, un numero decisamente basso per la grande capitale russa, risultato di tanti anni di omofobia di Stato che hanno lasciato il segno anche sulla popolazione. Molti altri paesi del mondo esprimono il proprio dissenso e si uniscono con più determinazione alla lotta degli attivisti della comunità Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali).  In America Obama ha deciso che due atlete dichiaratamente lesbiche prenderanno parte alla delegazione ufficiale che rappresenterà gli Usa ai Giochi, spazzando via qualsiasi fraintendimento sulla posizione americana di fronte all’omosessualità. Persino lamultinazionale del motore di ricerca più popolare al mondo, Google, ha messo del suo con un “doodle” olimpico  inequivocabile: le effigi di atleti che praticano sport invernali si stagliano sui colori dell’arcobaleno tipici della bandiera Lgbt, e sotto la barra di ricerca è citato il principio numero 4 della Carta olimpica che recita: “La pratica dello sport è un diritto dell’uomo. Ogni individuo deve avere la  possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play“. Il parere dell’Italia è quanto più neutro e mimetico per non sbilanciarsi nella discussione con troppo slancio, mentre la Germania si distingue con una protesta silenziosa e pacifica: i 152 atleti tedeschi sfilano davanti al presidente russo indossando una sgargiante divisa multicolor, anche se la Federazione Olimpica Tedesca ha smentito il collegamento tra i colori scelti e la bandiera gay.

Come se non bastasse il turbine di problemi e polemiche non finisce qui, sui Giochi incombe la minaccia molto attendibile di un attacco terrorista. “In previsione di possibili attentati, si prega di rispettare le regole di sicurezza”. Con questo annuncio le autorità russe mettono in guardia gli atleti (oltre 6mila) e gli spettatori sparsi nelle sedi in cui si svolgono le varie competizioni: la stazione sciistica di Krasnaja Poljana e il villaggio olimpico contenuto nella cittadina di Adler, organizzato per una capienza di circa 75 mila spettatori e 25 mila volontari.  Le forze dell’ordine sono ovunque, due agenti su ogni vagone dei treni, massima allerta nelle stazioni; sicuramente non mancano le misure di sicurezza, un apparato di 70 mila uomini tra polizia,agenti in borghese e servizi segreti, vigila sull’evento più atteso dal presidente.

In conclusione sorge inevitabilmente una domanda: tutta la raffica di polemiche, ma soprattutto tutti gli sforzi e i soldi spesi da Vladimir Putin saranno valsi a preparare al meglio il Paese per accogliere una manifestazione di grandezza mondiale?

Per ora non ci sono state sorprese, gli impianti sono buoni e la struttura del villaggio olimpico sembra ben organizzata, inoltre la cerimonia inaugurale, che funge da copertina dei Giochi Olimpici, è stata di una grandiosità esplosiva e fortemente evocativa dell’orgoglio nazionale russo. Tuttavia non tutto è andato secondo il copione di Putin, l’impresa edile è risultata fortemente scadente, i lavori sono stati ultimati alla meglio tanto che sui social network sono comparse numerosissime lamentele sui cosiddetti “Sochi Problems”: camere d’albergo poco confortevoli se non addirittura pericolanti, acqua sporca e contaminata dai rubinetti, pasti non all’altezza, internet assente per non parlare delle fotografie di bagni con doppio gabinetto, quelli montati al contrario e quelli posti davanti a comode poltroncine come si fosse in sala d’attesa, il tutto accompagnato da frasi ironiche e scherzose degli atleti e giornalisti vittime del disagio.

Intanto la fiamma olimpica resterà accesa fino al 23 Febbraio. L’audience televisiva globale conta più di 3 miliardi di persone. In Italia le competizioni sono trasmesse sul canale del digitale terrestre Cielo o, per i più fortunati, su Sky. Peccato per la Rai che nell’anno delle celebrazioni del suo sessantesimo anniversario non ha trovato nel suo budget i circa 20 milioni che Sky chiedeva per cederle i suoi diritti in chiaro, restando completamente tagliata fuori.

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