VALČUHA SUPERSTAR NELLA “RESURREZIONE” DI MAHLER

Con l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, la soprano Malin Hartelius, la mezzo-soprano Michelle Breedt  e il Coro Maghini

LAURA CAPPELLI, 15.03.2014                                                      FOTOGALLERY

TORINO – E’ una spiritualità intensa e maestosa quella espressa dalla Sinfonia n.2 in do minoreResurrezionedi Gustav Mahler, eseguita venerdì 14 marzo  dall’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai con la direzione magistrale di Juraj Valčuha, nell’AuditoriumArturo Toscanini” di Torino, in collegamento live su Radio3 per il programma “Radio3 Suite”.

Opera matura e complessa, composta faticosamente da Mahler nell’arco di sei anni, “Resurrezione” è un poema sinfonico catartico e sublime, in cui la caducità terrena e l’aspirazione alla trascendenza si intrecciano in una sequenza di soluzioni potenti e sorprendenti. A ragione è divenuta,  nel tempo, l’opera più conosciuta ed amata del geniale compositore austriaco.

Juraj Valčuha, direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai dal 2009, giovane talento slovacco nato a Bratislava  nel 1976,  è riuscito in pochi anni a conquistare pubblico e critica grazie alla sua autorevolezza e alla sua musicalità. Personaggio carismatico, affermatosi  a livello internazionale, vanta una lunga serie di direzioni delle maggiori orchestre del mondo, dalla New Yok Philarmonic alla Philharmonia di Londra, dalla Muncher Philarmoniker alla Orchestre National de France. Anche a Torino, venerdì 14 marzo, con l’Orchestra Rai ha replicato un altro grande successo davanti a un’audience torinese, attenta e interessata.

Assieme all’Orchestra in pieno organico, la grandiosa Sinfonia n.2, considerata da Wagner “fastidiosamente moderna”, ha portato sul palco il famoso Coro Maghinidiretto da Claudio Chiavazza fin dalla sua fondazione, la  soprano svedese Malin Hartelius ela mezzo-soprano tedesca Michelle Breedt. Variegata e notevole la quantità di strumenti utilizzati: quattro flauti, quattro oboi, cinque clarinetti, sei corni, sei trombe, quattro tromboni, un basso tuba, due timpanisti, piatti, triangolo, tamburino, grancassa, due tan-tam, frusta, campane, campanelli, oltre agli archi. E nel finale, si aggiungono anche quattro corni, quattro trombe, timpani, grancassa, triangolo e piatti.

Fu lo stesso Mahler, d’altronde, ad affermare che: «Scrivere sinfonie significa creare un mondo con tutti i mezzi disponibili». Fin dal giorno della prima, il 13 dicembre 1895, il pubblico venne conquistato dalla potenza di questo lavoro. Figlio di un produttore di grappa boemo, Gustav Mahler ebbe un vita tormentata, piena di traversie: da bambino venne tragicamente colpito dalla morte dei fratelli e più tardi, da quella della sua figlioletta primogenita. “Resurrezioneraccoglie e trascende la sua storia personale e quella collettiva di tutti gli uomini. La vita e la morte, nel loro continuo alternarsi durante i cinque movimenti composti da Mahler, creano sentimenti ora di smarrimento, nostalgia e oppressione, ora di serenità, dolcezza e illusione.

Secondo la tradizione resa celebre da Beethoven, l’ombra della Morte incombe sulla vita, che inevitabilmente sembra tingere di futilità tutto l’operato degli esseri umani: è quasi un urlo lacerante questa straordinaria consapevolezza. Quando avviene il passaggio dalla vita alla  morte e dalla morte alla vita dopo la morte: «Sono venuto da Dio e voglio ritornare a Dio! Dio mi ha dato la luce che illuminerà il mio cammino fino alla vita eterna!» canta il Coro, parole che diventano un’invocazione quando riprende: «Risorgerai, sì, tu risorgerai, mia polvere, dopo breve riposo. Vita immortale ti darà Colui che ti ha chiamato». L’intensità diventa prorompente, il desiderio di spiritualità si fa immenso, quasi insostenibile durante il  duetto delle due soliste, poi inaspettatamente tutto si placa: è la vittoria della Vita sulla morte, la Resurrezione.

Il finale dell’opera fu per Mahler una spinosa e annosa questione fino a quando non s’imbatte nel verso “Auferstehung”, “Resurrezione”, appunto, tratto dalla Messias di Friederich Klopstock, cantato da un coro di voci bianche al funerale di Hans von Bulow, sepolto ad Amburgo nel 1894. Questi versi furono per Mahler come una folgorazione. Li elaborò a modo suo, liberandoli da un significato strettamente religioso per condurli ad abbracciare una visione più ampia: aveva trovato finalmente il messaggio salvifico che tanto cercava, un messaggio che trascende ogni costrizione e limite umaniLa modernità dell’opera è evidentissima: quasi un manifesto del nuovo millennio, un anelito verso quella spiritualità universale che sta prendendo forma di recente come la vera nuova frontiera da conquistare, e non a caso Resurrezioneè oggi una delle opere più eseguite al mondo.

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TORINO –  AUDITORIUM RAI “Arturo Toscanini” – Concerto Sinfonia n. 2 in do minore “Resurrezione” di Gustav Mahler

Fotogallery di © Enzo A. Borin – 14 marzo 2014

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