2018: UN BUON NATALE PER TUTTI

E’ consuetudine, esperienza di vita, istanza spontanea guardare il Natale e dire a chi si incontra per la via, bimbo, ragazzo, adulto, anziano, famigliare, amico, conosciuto o estraneo, “buon Natale”.

Il buon Natale, di bocca in bocca, corre e si espande, in questo tempo, come il primo raggio di sole al mattino: illumina e riscalda. 

Anche chi ha fatto del giorno di Natale un business, non può usare altre parole. 

Gli abeti, addobbati di luci, lo mormorano sottovoce su piazze e contrade e i piccoli doni, anch’essi, lo annunciano passando di mano in mano. Evento unico nello scorrere dei secoli, quest’ augurio si è sempre ingrandito fino a diventare, nel mondo, la festa di tutti.

Ogni uomo, mentre lo pronuncia in modo conscio o inconscio ricorda la sua nascita al mondo, anzi, il suo perenne nascere e rinascere nei giorni. L’essere nato, in verità, è un continuo rinascere, l’evento che tiene desto il tempo e permette al mondo di continuare. L’evento nascita, che è perenne nascita, è il prodigioso miracolo quotidiano, la sorgente da cui attingere ogni giorno il benevolo consenso allo stare in questo mondo. Benevolo consenso che ci permette di lottare contro ogni minaccia di morte, contro ogni tentazione di rancore e di violenza, contro ogni stanchezza e sfinimento. 

Anche quando, sciaguratamente, qualcosa in noi viene violentemente distrutto e un po’ di morte ha avuto un soprassalto di vittoria, in quel consenso tutto riprende e la luce si riaccende.

Se poi riandiamo nella nostra memoria e ci chiediamo quando quella rivelazione del nascere e del consenso alla vita si è fatto attivo, certamente fu nella coscienza del primo uomo sbocciato, come fiore, sul lunghissimo stelo dell’evoluzione dell’universo e dei viventi. Esso continuò a crescere lungo i millenni.

Una notte, 2000 anni fa, divenne epifania. Quella notte era nato là, in un caravanserraglio a Betleem, un bimbo che, cresciuto, si raccontò, nelle parole e nei fatti, come disceso dal cielo, dal Creatore che, nell’ inprincipio e ogni giorno, sogna e crea, da quell’aldilà dove è l’ininnominabile origine. 

Quel Bimbo rivelatore ebbe una missione e la affidò ai discepoli.

Noi cristiani, che portiamo quasi come patronimico il suo nome, siamo i testimoni che, oltre alla parola, hanno a disposizione un mestiere umano per raccontare quella notte e l’evento di un bimbo disceso dal cielo e nato per tutti: il “mestiere dell’arte”.

Abbiamo piantato alberi e li abbiamo addobbati di luci, costruito presepi, dipinto tele, scolpito figure, costruito chiese, illuminato abitazioni.

Forse la creatività umana che più riesce a far rivivere quella notte santa e la perenne presenza del neonato, è la musica: la più immateriale delle arti, che vive quando nasce e poi resta solo nella memoria. Mentre scrivo, nella mia memoria, il coro canta:

Four unto us a child is born … Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio. sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà 

Consigliere mirabile, Dio potente

Padre per sempre, Principe della pace 

(G. F. Handel, Messia, n. 8/11 da Isaia 9,5)

Non so se Giuseppe, la prima volta che prese tra le braccia il Figlio, abbia detto “buon Natale” (in aramaico: “edo bri’cho o rish d’shato brich’to”) a Gesù e a Maria. Penso proprio di sì, dopo aver ripetuto più volte durante il viaggio avventuroso: “teniamo botta … andiamo avanti”.

Quell’augurio in verità, oltre il nascere, celebra il “noi”, che è all’origine del nascere e del crescere e va rimesso al centro dell’attenzione per il consenso alla vita.

Un Buon Natale 2018 proprio a tutti e per tutti: un canto orante ogni giorno e per ogni giorno!

don Renzo 

Ivrea, 3 dicembre 2018