GERUSALEMME, LA META DELLE METE

Dove tutto parla di Cristo, Kiko raduna le comunità neocatecumenali provenienti da tutto il mondo

Giuseppe Sciavilla, 12.06.2017

GERUSALEMME – “Rallegrati, Gerusalemme, e voi che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi all’abbondanza della vostra consolazione. E’ il canto con cui si apre la liturgia della IV domenica di Quaresima detta anche Laetare.

Con questo canto introduco la mia prima esperienza fatta in Terra Santa nella settimana in Albis, mentre accompagnavo il nostro vescovo monsignor Cerrato, alla convivenza annuale dei Vescovi convenuti da ogni parte del mondo nella Domus Galilea ubicata sul monte delle Beatitudini attorno al lago di Tiberiade: un continuo poema della natura. La convivenza era stata indetta da Kiko Arguello iniziatore del noto movimento ecclesiale dei Neocatecumenali. Ringrazio sin d’ora i coniugi Oscar e Paola Pasinato che hanno permesso al Vescovo e al sottoscritto di partecipare a tale incontro.

Non nascondo i sentimenti che mi hanno accompagnato in quei giorni di fede e di grazia. L’esultanza e la riconoscenza al Signore quasi coprivano il mio cuore e non di meno crescevano in me trepidazione ed emozione ogni volta che mi recavo nei posti pasquali di Nostro Signore.

Come non ricordare le parole del grande Papa Paolo VI: non solo papa del Concilio, ma anche papa dell’incontro Ecumenico con il grande patriarca Atenagora, tenutosi proprio a Gerusalemme il 4 gennaio 1964. Sono stati gesti pieni di significato: l’abbraccio cordiale, lo scambio dei doni, la preghiera comune per la comunione tra la Chiesa di Roma e le Chiese Orientali, le due strade che convergono l’una verso l’altra e approdano alle sorgenti del Vangelo. Paolo VI denominò la Terra Santa il quinto Vangelo, cioè quel Vangelo non scritto su pagine di carta, ma scritto sulle pagine della terra e della storia. Il pellegrinaggio in Terra Santa di Paolo VI, primo tra i Papi, è stata una sua personale iniziativa ispiratagli dallo Spirito Santo, mediante l’intercessione di Maria Santissima e dei santi apostoli Pietro e Paolo. Lui stesso annunciò ai Padri Conciliari la decisione di recarsi in Terra Santa con queste parole: “Vogliamo recarci se Dio ci assiste in Palestina per onorare personalmente nei luoghi santi ove Cristo nacque, visse e morì e, risorto, salì al cielo, i misteri primi della nostra salvezza, l’Incarnazione e la Redenzione. Vedremo quel suolo benedetto donde Pietro partì e dove non ritornò più nessun suo successore: noi umilissimamente e brevissimamente vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione, per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace fra gli uomini”.

Il programma dei nostri giorni trascorsi in Terra Santa è stato fittissimo e intenso: l’incontro con Kiko dove ha parlato del percorso mistagogico come itinerario di iniziazione cristiana e ha affermato che il Cammino Neocatecumenale si poggia su tre elementi basilari: Parola-Liturgia-Comunità che vengono travasati anche nella vita del mondo come dicevano i Padri della Chiesa. Questa osmosi indispensabile per la vita cristiana è stata ripresa per ben 54 volte nei documenti conciliari. Il Cammino viene presentato dal fondatore come un carisma che scaturisce dallo Spirito Santo, frutto del Concilio Ecumenico Vaticano II per l’attuazione della Nuova Evangelizzazione, incentrato sulla pedagogia del Mistero Pasquale.

Oltre alle varie celebrazioni curate e vissute da tutti con vera fede ho potuto visitare insieme al grande gruppo (provenienti dalle comunità neocatecumenali presenti in tutto il mondo) alcuni dei luoghi dove Gesù è passato duemila anni fa: la Sinagoga di Korazin, Tabgà dove è avvenuta la moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, la Roccia del Primato di Pietro, il Fiume Giordano, e infine Gerusalemme: il Getsemani (giardino degli Ulivi), il Cenacolo, il Santo Sepolcro, il Calvario, la grotta di Sant’Elena dove secondo la tradizione Elena, madre dell’imperatore Costantino, permise la costruzione della Basilica del Santo Sepolcro dove pervenne la Croce su cui Gesù fù inchiodato, la pietra dove Gesù fu posto da Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo per l’imbalsamazione. Fra tutti, due luoghi mi hanno colpito profondamente perchè in un certo senso si uniscono mirabilmente: i resti della sinagoga di Korazin, la più antica Sinagoga della Galilea e la pietra dell’imbalsamazione ubicata nella basilica del Santo Sepolcro. Nella Sinagoga abbiamo cantato lo Shemà Israel che mi ha rievocato Nicodemo quel personaggio misterioso menzionato nel Vangelo di San Giovanni, che da Ebreo osservante della Legge giudaica riesce ad avere un dialogo con Gesù di “notte” e che lo porterà a convertirsi da una fede legale tipicamente ebraica ad una fede intrisa di Amore, tant’è che da questa rinascita alla fede grazie all’incontro avuto con Cristo, acquista una mistura di Mirra e di Aloe di circa cento libbre per una degna e nobile sepoltura del corpo di Gesù.

Da questa esperienza così sublime ho visto vivere la Chiesa che pulsa, la Chiesa siamo tutti noi: la plebs adunata dei credenti, come dice con Cipriano il Vaticano II. Erano laici, sacerdoti, vescovi, consacrati, cardinali: il popolo di Dio era presente in Galilea. Sì, andare in Palestina è stato bello. Là tutto parla di Cristo e del suo passaggio su questa terra. Ogni luogo evoca un fatto biblico o evangelico. E’ un ricordo storico e sono tracce tangibili. Quelle contrade sono abitate in gran parte da non cristiani; la Terra Santa è il luogo dove si incontrano i popoli, le culture, le fedi delle tre grandi religioni monoteiste: ebraica, cristiana e musulmana, è il crogiuolo della civiltà religiosa. Gerusalemme è la meta delle mete, è la Città Santa, dove i nostri Padri giunsero attraversando il Mar Rosso, è la città dove è morto ed è risorto Gesù, la Città sita in un angolo di mondo dove il Cristianesimo ha avuto il suo inizio.