“QUELLO CHE DEVE ACCADERE, ACCADE”. INCONTRO CON GIOVANNI LINDO FERRETTI E MICHELE ROSSI

Presentazione al Salone del Libro della doppia biografia su Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni e prima assoluta di “Saga. Il Canto dei Canti”, documentario sul teatro equestre.

ALBA MERCOLELLA  15.05.2014 

TORINO – Sabato 10 maggio nell’ampia Arena Bookstock Giovanni Lindo Ferretti e Michele Rossi  hanno intrattenuto con successo il pubblico. Due eventi in uno: la presentazione della prima biografia sui fondatori dei CCCP- Fedeli alla Linea, storico gruppo punk italiano attivo negli anni Ottanta, e del nuovo documentario sull’opera equestre di Giovanni Lindo Ferretti.

“Quello che deve accadere, accade” (Giunti Editore, pp. 288, euro 14,90) è  la storia di un uomo che nella propria vita ha avuto mille trasformazioni: dal punk filosovietico dei CCCP alla militanza nel movimento comunista e rivoluzionario di Lotta Continua, fino alla riscoperta in età adulta  del cattolicesimo, raccontata in un’intervista di qualche anno fa da Andrea Possieri su L'”Osservatore Romano” (http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2010/004q04d1.html).

Abbandonato il punk estremo dei CCCP, Giovanni Lindo Ferretti fonda nel 1990 il Consorzio Suonatori Indipendenti (CSI), che sarà attivo per tutti gli anni Novanta. Alcuni suoi componenti, dopo la cessata attività dei CSI, hanno formato i PGR (Per Grazia Ricevuta), attivi fino al 2009. In quel periodo decide di ritirarsi nel suo paese natale, Cerreto Alpi, situato nell’Appennino tosco-emiliano dove vive ancora oggi componendo musica, collaborando con la Comunità montana e allevando i suoi cavalli. Dal 4 settembre 2011 al 29 luglio 2012 ha collaborato col quotidiano cattolico “Avvenire” con la rubrica “Dal crinale”. Proclama Benedetto XVI come il suo maestro, definendo l’attuale Papa Francesco come «il dono del suo predecessore

L’autore del libro è il giornalista Michele Rossi. Egli segue le vicende di Ferretti e dell’amico e coequipier Massimo Zamboni dal 1994, cercando di capire il loro rapporto attraverso i testi delle canzoni. Fondatori dei CCCP, hanno proseguito insieme coi CSI fino alla loro separazione alla fine dello scorso millennio.

Rossi definisce la sua opera come un “romanzo di formazione”. Ferretti, che non concede mai troppe interviste, ha ammesso di essere rimasto «stupito e turbato dalla quantità di materiale accumulato. Ho riscoperto cose che nemmeno ricordavo, io che sono fra i protagonisti di quelle storie. Non volevo ricordare la storia dei CCCP.» Ha ammesso anche di non aver letto tutto il libro: «L’ho letto a pezzi: i CSI, i CCCP… avanti e indietro. Molto spesso leggo i libri in questo modo, per poi riprenderli in ordine. Con “Quello che deve accadere, accade” sono ancora nella “fase dei pezzi”. Ho fatto fatica a riguardare la mia vita da occhi esterni. Con la vecchiaia ho imparato l’importanza della memoria, ma non sopporto le ricorrenze e le commemorazioni. Ho fatto pace con la memoria, che è ciò che resta nel passato, mentre nell’oblio si seppellisce ciò che si vuole dimenticare, facendolo scomparire.»

Parlando della sua storia, Ferretti ricorda la frase che, quando a nove anni cantava da solista in chiesa, gli disse un sacerdote: «male male, farà il cantante». Definisce gli anni Settanta come  un periodo difficile: aveva trovato lavoro come  operatore psichiatrico: la sua vita era impostata, all’età di ventisei anni, ma le restrizioni e i condizionamenti del posto fisso gli erano insopportabili. «A quell’età decisi di riprendermi la mia adolescenza e la mia ribellione. Mi licenziai da quel lavoro sicuro e ben stipendiato, tra lo stupore di tutti, trasferendomi a Berlino. Lì ho conosciuto Zamboni ed è iniziata la mia carriera musicale

Berlino, negli anni Ottanta, era una città chiusa dalle mura volute dal comunismo filosovietico, abitata da donne sopravvissute alla Seconda Guerra Mondiale e insieme dai primi punk, col loro look nuovo e originale, che abitavano in case occupate: una città sospesa fra la fine di un mondo e l’inizio di un altro.

Tornati a Reggio-Emilia, decidono di formare un gruppo punk diverso dagli altri gruppi italiani, che cantavano in inglese La vocazione filosovietica nasce dal fatto che l’Emilia Romagna era tra le realtà italiane dell’epoca più inclini al comunismo: «volenti o nolenti, eravamo i nipotini di Togliatti. Proprio per questo la nostra era la musica da ballo per i figli dei proletari. Gli anni Ottanta sono stati un breve decennio terminato con l’abbattimento del Muro di Berlino, che ha segnato la fine di un’era e di un mondo, incluso quello dei CCCP

Quando Ferretti ha ricevuto la proposta della presentazione del libro al Salone, Michele Rossi gli ha chiesto di mostrare i suoi progetti attuali: da qui la presentazione, in prima assoluta, del documentario “Saga. Il Canto dei Canti”. È una dissertazione sul rapporto fra uomo e cavallo – che ormai va purtroppo scomparendo – espresso sotto forma artistica. La compagna della “Corte Transumante di Nassetta” insieme a Lindo Ferretti, Marcello Ugoletti “signore dei cavalli” e Cinzia Pellegri, definita dallo stesso Lindo “signora di tutto”, presenta il mondo della montagna e la passione per i cavalli.  Una dimensione e una realtà lontane dal moderno, descritte sotto forma di musica, parole e con l’esibizione di Marcello e Cinzia. Marcello ha sempre vissuto con i cavalli e Cinzia condivide questo stile di vita da quando si sono sposati. «Si tratta di una delle prime opere, se non l’unica, di questo genere in Italia. Abbiamo cominciato mostrando il nostro lavoro nelle fiere e ci siamo resi conto che valeva la pena creare uno spettacolo vero e proprio, poi messo in scena a Cerreto. Ci siamo stupiti di come i bambini ne fossero affascinati, gli adulti  restassero attoniti e della commozione dei più vecchi.»

Questo teatro si differenzia dalle forme tradizionali: è basato sulla capacità dei cavalli di stupirti ed emozionarti. In Italia, il teatro equestre non ha modelli o esempi da seguire. Per trovarne, bisogna andare in Spagna o in Francia, ma si tratta di una tradizione differente dalla nostra. «L’idea di teatro è la stessa, ma noi mostriamo la storia della nostra gente e delle nostre montagne.»

Insomma, questa forma d’arte ha delle potenzialità ancora tutte da approfondire, per quanto possa apparire un’idea folle di questi tempi. «Il teatro equestre nel 2014 non è meno folle dei CCCP negli anni Ottanta. Se Dio me lo concede, in questo modo morirò da punkettone.»