ALESSANDRO BARBERO: IL DUALISMO PAPALE

L’importanza delle parole dei Papi e la loro influenza nel mondo

SARAH CERABONA, 04.11.2916

TORINO – Nella mattina di domenica 30 ottobre, al Teatro Carignano, si è svolto il primo appuntamento dell’evento “Lezioni di Storia” realizzato con la collaborazione di Editori Laterza, Teatro Stabile di Torino, il Circolo dei lettori e “La Stampa”. Ha parlato il noto storico Alessandro Barbero sul tema il linguaggio dei Papi nella storia”.

La volontà dello storiografo è quella di compiere un viaggio, attraverso il quale lo spettatore prende atto dell’importanza delle parole dei Papi e della loro influenza nel mondo. Primo tra tutti Papa Francesco, cui espressione hacer lìo è stata utilizzata durante una delle sue visite a Rio, incitando così la folla di giovani a “fare casino” e destando non poche reazioni. Secondo lo storico Alessandro Barbero, l’uso di questo particolare modo di dire è stato trasfigurato e quindi portato ad una versione più positiva del termine, in quanto viene visto come un’esortazione alla gioia e al divertimento. Questo esempio prova quanto la Chiesa si regga sulla parola.

Vi furono diversi modi di parlare, a seconda del tempo in cui ci si trovava: nell’XII secolo ad esempioi Papi iniziarono a pensare che Dio volesse da loro che comandassero il mondo cristiano anche in senso politico. Per un millennio la Chiesa è stata subordinata all’imperatore o al re, ma a partire da quel momento in Occidente viene rivendicata la superiorità del potere ecclesiastico su quello politico-militare. Nasce quindi una lotta che si protrarrà nei secoli e che vede la Chiesa e l’imperatore come antagonisti. Uno dei principali protagonisti è stato Papa Gregorio VII, che per primo cerca di convincere e dimostrare la propria superiorità attraverso una lettera ad un vescovo dell’epoca. In quest’ultima dichiara con formulazioni estreme che “la Chiesa è stata fondata da San Pietro per volontà divina, e non dai Romani, i quali erano pagani e quindi peccatori agli occhi di Dio. Tramite violenza e omicidi da parte degli stessi, è stato perciò compiuto un furto a scapito del potere ecclesiastico. La rivendicazione del potere politico viene quindi giustificata.

Un altro episodio che lo storico cita è la scomunica dell’imperatore Federico II da parte di Papa Gregorio IX. In questa bolla, così come nelle altre che verranno emesse, si nota l’importanza della retorica biblica (l’imperatore viene paragonato alla Bestia dell’Apocalisse). I Papi infatti facevano buon uso di questa singolare pratica, sottolineando la loro bravura non solo come retori, ma anche come giuristi.

Fu particolarmente capace il Papa Bonifacio VIII che, nonostante l’esito negativo, seppe ben differenziare l’importanza di entrambi i poteri. Vi erano infatti secondo il Pontefice, due tipologie di “spade”, quella spirituale e quella temporale e la seconda sicuramente sottostante alla prima, con ambedue al servizio del Papa. Ciò significava che l’imperatore era a servizio della Chiesa e che doveva sottostare ad essa.

Diversa fu l’epoca rinascimentale, nella quale i Papi non sentirono più l’esigenza di dimostrare la propriaegemonia. Lo storico Alessandro Barbero infatti, prende come esempio la bolla di scomunica di Leone X nei confronti di Martin Lutero. I toni della retorica biblica sono sempre alti ma si può notare come il Papa non motivi più le proprie azioni e dia per scontato la ragione per la quale la Chiesa non debba essere né giudicata né tantomeno giustificata. Ciò che però il Papa non previde, fu il successo della riforma luterana, la quale fece perdere importanza alla figura papale.

Da questo momento la costernazione dei Papi di fronte ai cambiamenti, regnò sovrana. Agli inizi dell’800 vi fu rassegnazione da parte di Papa Gregorio XVI che vedeva il mondo, proprietà della Chiesa, ribellarsi e rinnovarsi a scapito della stessa. Nella sua bolla infatti espose come, con la diffusione della riforma, iniziarono a prendere piede idee che vedevano la salvezza eterna come una possibilità di tutti, purché onesti e nonostante non fossero cattolici. Secondo Papa Gregorio XVI la Chiesa non era “cosa umana” ma divina. Venne dunque condannata dal Pontefice ogni forma di libertà di opinione e coscienza, facendo diffondere così l’anticlericalismo.

Fu a fine dell’800 che cominciarono ad esserci dei cambiamenti negli atteggiamenti e nel modo di parlare della Chiesa. Con la sua enciclica, Papa Leone XIII utilizzò un linguaggio del tutto innovativo, con il quale volle sottolineare la necessità di affrontare le novità e i problemi del periodo, in maniera costruttiva. Capire novità come la rivoluzione industriale o il socialismo divenne essenziale. A differenza dei Papi del Medioevo però, Papa Leone XIII quasi giustificò il suo intervento, affermando che la lotta di classe e la questione operaia rappresentavano problemi comuni. Il Papa dunque rinunciò alla propria autorità e mise al centro l’uomo in quanto portatore della propria libertà.

Nonostante tutto, i Papi che si susseguirono e la Chiesa persero importanza. Nel Novecento ne furono un esempio gli appelli alla pace di Benedetto XV, i quali però non vennero ascoltati, e il discorso incompiuto di Papa Pio XI. Quest’ultimo in particolare, fece molta fatica inizialmente a decidere che politica tenere nei confronti di Hitler o verso Mussolini e accettò molti compromessi. Qualche mese prima di morire però, prese una posizione durissima nei confronti delle dittature: purtroppo non riuscì a pubblicare il suo discorso e il segretario di Stato (futuro Papa Pio XII), accortosi della veemenza usata nell’enciclica, lo nascose. L’abbozzo del discorso di Pio XI rimase negli archivi segreti vaticani finché Papa Giovanni XXIII non lo ritrovò e ne pubblicò una parte. Fu interessante notare come Pio XI sottolineò l’importanza della parola del Papa: rispetto ai tempi passati, infatti, la figura del Pontefice aveva perso influenza e non veniva più presa in considerazione. I giornali della dittatura falsificarono ciò che Pio XI riferiva al popolo, per questo motivo doveva stare attento perché ogni singolo fattore poteva venire distorto e frainteso. Il Papa introdusse il tema della pace nel suo discorso: invocò e implorò per quest’ultima ma non ebbe successo.

Con Papa Giovanni XXIII si iniziò un periodo nuovo dove la figura del Pontefice recuperò nuovamente la propria autorevolezza. La sua bolla infatti segnò un salto in avanti nella capacità della Chiesa di parlare al mondo. La rispettabilità non derivò più dal fatto di comandare ma nemmeno più di supplicare, il Papa si sforzò di comunicare con la forza dei fatti e a nome dell’umanità intera. L’enciclica uscì in un momento drammatico quale la crisi dei missili di Cuba: vi fu dunque un nuovo richiamo alla pace. Per la prima volta dopo tanto tempo, il Papa parlò globalmente e a nome di tutti: ogni essere umano era dotato di volontà libera e aveva tanto diritti come doveri. Era quindi importante rispettare e impegnarsi, affinché nessuno rimanesse senza aiuto. Giovanni XXIII additò quelli che definì i segni dei tempi” come l’importanza della dignità femminile e la fine della colonizzazione. Venne trovato quindi un equilibrio tra la propria autorità in quanto Papa, e il suo desiderio di essere seguito e ascoltato.

Papa Paolo VI fu un continuatore delle idee di Papa Giovanni XXIIIe continuò a diffondere le proprie attenzioni al mondo, cosi come i Papi che lo seguirono. Divenne un vero e proprio impegno e dovere da parte di Papa Paolo VI, l’occuparsi delle questioni mondiali e nella sua bolla fu quasi profetico nel linguaggio che utilizzò. La Chiesa quindi non fu più immobile come nel Medioevo ma si rinnovò per migliorarsi e migliorare il mondo, grazie alla parola del Vangelo.

Lo storico Alessandro Barbero afferma che probabilmente “l’unico filo rosso che unì tutti questi periodi fu la capacità dei Papi di utilizzare un linguaggio alto e divinatorio nei propri discorsi. Solo gli storiografi del futuro sapranno come si evolveranno i fatti, conclude Barbero, lui, in quanto storico attuale, può solo tacere e osservare.