“AVEVAMO UN SOGNO”

Documentario di Matteo Spicuglia realizzato per i 30 anni dell’Arsenale della Pace

VALENTINA MARUCA, 25.10.2013

Ernesto OliveroTORINO – Nella grande Chiesa dell’Arsenale, straboccante di persone di ogni età, sabato 28 settembre si è proiettato il DVD “Avevamo un sogno” del giornalista Matteo Spicuglia. Immagini ed emozioni dei primi anni dell’Arsenale della Pace per capire la storia del SERMIG: una storia di uomini, di donne, di giovani che credono che il bene può cambiare il mondo.

Un omaggio ad un piccolo grande uomo, Ernesto Olivero, artefice con i suoi primi volontari di un progetto incredibile, un progetto che si è realizzato grazie a tre elementi fondamentali: la fede, l’immaginazione e l’impegno. E’ proprio grazie alla sua capacità di immaginare, sommata alla speranza, alla fede immensa ed all’impegno quotidiano che Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, riuscì in questa opera ciclopica iniziata 30 anni fa: la trasformazione e il rifacimento totale dell’ex arsenale militare abbandonato in un luogo di pace. Sulle spoglie delle armi nacque così l’Arsenale della Pace, una casa sempre aperta per chi vuole cambiare, per chi è in difficoltà, per chi vuole cercare il senso della vita.

La storia dell’arsenale militare di artiglieria di Torino affonda le sue radici nel lontano 1867, ma le finalità del suo impiego a quel tempo erano diametralmente opposte rispetto a quelle di oggi. A quel tempo era uno spazio utilizzato per la produzione di armi; paradossalmente un secolo dopo, quello stesso ambiente impregnato dall’odore di morte ormai abbondato e fatiscente, catturò l’attenzione di un gruppo di giovani mossi dall’idea di fare concretamente del bene, e di abbattere la fame nel mondo.

Fu così che nel 1983 il Sermig, Servizio Missionario Giovani, guidato da Ernesto Olivero trovò così la sua collocazione fisica. Non fu facile ottenere i permessi per operare all’interno del vecchio edificio, ma quei “sognatori” non si arresero e si misero subito al lavoro dedicando il loro tempo libero alla ristrutturazione dell’edificio. Non avevano nessun mezzo economico per far fronte agli immensi costi richiesti dal progetto; tutto ciò di cui disponevano era la fede e l’abbandono in Dio, nonché la volontà e l’impegno. Era loro consuetudine pregare davanti all’arsenale, e sempre la preghiera li accompagnava nei faticosi lavori motivandoli ad andare avanti. Amore chiama amore, così una catena di solidarietà si snodava intorno a questo progetto e gli aiuti non mancavano. Uomini, donne, professionisti e non, contribuivano gratuitamente in base a ciò che potevano dare o fare; dopo un lungo lavoro e con la collaborazione di molti, il progetto si realizzò. «Se per grazia di Dio dovessero comparire tutte insieme le persone che ci hanno aiutato e che abbiamo aiutato – dice Ernesto Olivero – non basterebbe Torino a contenerle. Lo dico con uno stupore da bambino che fa crescere ancor di più la gratitudine per questi 30 anni».

L’inaugurazione dell’Arsenale della Pace venne presieduta dall’allora presidente della Repubblica Pertini nel 1983. Inizialmente Olivero pensa di utilizzare il Sermig per riabilitare i detenuti in carcere, e fonda una cooperativa con relativa divisione dell’utile tra i detenuti, i collaboratori esterni ed i poveri del mondo. Il Sermig negli anni amplia il proprio raggio d’azione abbracciando altri numerosi progetti: l’Arsenale della Pace, spiraglio di speranza per i più bisognosi, diventa luogo di accoglienza per chi desidera intraprendere un cammino di redenzione, abbandonando stili di vita pericolosi ed alienanti. Offre gratuitamente aiuto a tutti coloro che privi di mezzi di sostentamento, o più semplicemente, privi di qualsiasi punto di riferimento nella vita non sanno a chi rivolgersi. Successivamente il progetto umanitario valica i confini nazionali e diventa centro di raccolta di beni primari da inviare nei paesi devastati dalla guerra e dalla fame. Sono numerosi i giovani che prestano il loro servizio al Sermig mossi dal desiderio di investire un po’ del proprio tempo in attività di volontariato.

L’insegnamento che deriva dall’esperienza di Olivero è il dono di se stessi agli altri uscendo dai propri egoismi, rendendosi conto che ciò che siamo e che possediamo non è del tutto merito nostro, tutt’altro. La vita di ogni singolo uomo sfortunato o fortunato che sia, è la somma di una serie di circostanze e coincidenze, all’interno delle quali ognuno di noi al momento della nascita si trova collocato. Ed è proprio chi dispone di maggior stabilità ed agio che deve prestare attenzione verso chi invece non ha nulla ha. Viviamo grazie all’immenso amore che Cristo ha dimostrato per noi tramite la sua morte e resurrezione, e noi tutti, essendo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, dovremo essere specchio del Suo amore verso gli ultimi, emarginati e sofferenti.

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Fotogallery di © Carlo Cretella – Torino 28 settembre 2013

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