DALL’EUROPA A SHANGHAI

Al via la mostra dedicata all’esodo del popolo ebraico in Oriente

Giulia Poggio, 24.01.2017

TORINO – Nel 1933 in seguito all’avvento del nazismo e dell’emanazione delle leggi razziali, una parte consistente della popolazione ebraica fuggì dalla Germania e dagli altri paesi nazisti per trovare rifugio a Shanghai. Lo racconta la mostra dal titolo “Gli Ebrei a Shanghai”, visitabile dal 25 Gennaio al 26 Febbraio presso il Museo Diffuso della Resistenza (www.museodiffusotorino.it) – Palazzo San Celso – Polo del ‘900 corso Valdocco 4/a Torino. Aperta dal martedì alla domenica in orario 1018 e il giovedì dalle 14 alle 22 con ingresso libero, presenta fotografie, documenti originali, testimonianze e reportage sull’esodo di circa 18.000 ebrei verso l’estremo Oriente.

Secondo le stime, gran parte dei rifugiati, arrivarono a Shanghai imbarcandosi su navi da crociera italiane, salpate dai porti di Genova e Trieste, mentre altri vi giunsero attraverso la rotta atlantica locale. I primi ebrei arrivati furono i sefarditi originari di Baghdad, mentre successivamente si stabilirono nella metropoli cinese gli ashkenaziti provenienti da vari paesi europei, quali Germania, Lituania, Polonia, Romania.Entrambe le categorie avviarono proprie attività commerciali fino a creare una piccola comunità ebraica nel distretto di Hongkou a Shanghai. Straordinario era infatti il loro apporto alla vita culturale della città, tanto che in breve tempo nacquero scuole, stamperie ed istituti di musica.

Nonostante il massiccio afflusso di persone, la ghettizzazione vera e propria giunse soltanto in un secondo momento, come conseguenza della politica antisemita tedesca. I giapponesi infatti, ritenevano che la convivenza pacifica tra ebrei e la popolazione locale fosse possibile, realtà dimostrata dall’elevato numero di ebrei operanti nel campo della musica e dell’insegnamento, a differenza di quanto avveniva nei ghetti tedeschi, dove agli israeliti erano assegnati i lavori più umili.

Tale periodo di relativa libertà si esaurì nel 1942, quando i giapponesi proclamarono l’istituzione di un ghetto nel distretto di Hongkou e obbligarono tutti i rifugiati ebrei a stabilirvisi.

Non solo storia e politica. La mostra fotografica punta i riflettori anche sulle storie di vita umana degli esuli. A tal proposito, particolarmente degna di nota, è la figura del dottor Ho Feng Shan, console generale della repubblica cinese a Vienna che, nonostante le minacce dei suoi superiori e della Gestapo, si schierò dichiaratamente contro l’antisemitismo. Una sorta di “Schindler” cinese, che concedendo numerosi visti per viaggiare in Oriente, riuscì a mettere in salvo almeno duemila ebrei.
L’esposizione è organizzata dall’Istituto Confucio edall’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con lo Shanghai Jewish Refugees Museum e con l’Istituto Italiano di cultura e Consolato Generale dell’Italia a Shanghai, con il patrocinio della Comunità Ebraica del capoluogo piemontese.“La mostra è solo una delle molte iniziative offerte grazie al rapporto sempre crescente tra musei cittadini e università” – dichiara entusiasta il Rettore dell’Ateneo torinese Gianmaria Ajani, presente all’inaugurazione della mostra – “il nostro obiettivo è l’educazione civile alla memoria, per fare in modo che il passato non venga dimenticato”. E Stefania Stafutti, docente di lingua e letteratura cinese presso l’Università di Torino, sottolinea: “ Questa è una realtà storica pressoché sconosciuta nel nostro paese, la mostra è pertanto uno strumento importante al fine di costruire una memoria vera e autenticapromuovendo lo sviluppo della conoscenza”.