IL DIRETTORIO DEDICA UN CAPITOLO AGLI ANIMATORI DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CULTURA

Già nel 2002 Giovanni Paolo II: servono operai  che con il genio della fede sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali

MARZO 2005

GIANNI FERRARO

ROMA – Il 14 ottobre 2004 si è reso pubblico il documento Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali della Chiesa in Italia, approvato dall’Assemblea Generale dei Vescovi italiani nel maggio dello stesso anno.
Il Direttorio dedica un intero capitolo alla nascita della nuova figura dell’animatore della comunicazione e della cultura: una scelta dell’episcopato che rappresenta appunto la novità più significativa della Chiesa moderna. Infatti parlando della necessità di affrontare con determinazione e competenza le grandi sfide del nostro tempo il pensiero va immediatamente alla memorabile giornata del 9 novembre 2002, quando nell’aula Paolo VI in Vaticano, rivolgendosi a più di 8mila operatori pastorali il Santo Padre Giovanni Paolo II affermava: «In questo campo servono operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come prezioso tempo per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunicazione tra le persone e i popoli».

Ora con la pubblicazione del Direttorio sulle comunicazioni sociali si è voluto appunto dare risposta concreta alla svolta da tanto tempo tracciata dal Santo Padre di «passare da una pastorale di conservazione dell’esistente a una pastorale missionaria», mediante un nuovo metodo di evangelizzazione, che come sostiene il cardinale  Ruini: «intende proporre alla comunità ecclesiale italiana un quadro strutturato dei contenuti e delle prospettive da cui partire per realizzare una pastorale che consideri le comunicazioni sociali non come un suo settore ma come una sua dimensione essenziale».

Nel recente convegno nazionale Animatori della Comunicazione e della Cultura – Con il genio della fede in un mondo che cambia, tenutosi a Roma dal 17 al 19 febbraio 2005, ed organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana tramite l’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali ed il Servizio Nazionale per il Progetto Culturale, S.E. Monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della CEI, con estrema chiarezza ci guida a capire l’importanza di questa innovativa risorsa, impegnata in un singolare servizio per l’inculturazione del Vangelo e per l’evangelizzazione della cultura, nella missione della Chiesa di oggi: «La proposta di promuovere una nuova figura di animatore impegnato sul versante della cultura e della comunicazione è dunque uno degli strumenti di maggior novità di un complesso cammino che ha coniugato insieme missione e cultura, missione e comunicazioni, comunicazioni e cultura. Mi piace definirne complessivamente il volto ricordando come esso sia chiamato a contribuire a “incidere”, con l’annuncio di Cristo e la missione della Chiesa, il nuovo areopago del tempo moderno».

Tre sono le caratteristiche fondamentale di questo animatore, il cui contributo sarà indispensabile per il cammino della Chiesa e per la sua missione nel tempo presente. In primo luogo il sentire ecclesiale sia dal punto di vista della sua sensibilità sulle tematiche della comunicazione e della cultura che del suo farsi interprete di uno slancio missionario nuovo rivolto all’evangelizzazione, in stretta sinergia con gli operatori pastorali già presenti, sia nelle attività mediatiche (settimanali diocesani, radio, televisioni, …) che culturali (sale della comunità, cinema, teatro, librerie, biblioteche, …).

La seconda caratteristica dell’animatore sta nella finalità propria del suo operare e consiste nel ridare spessore culturale all’annuncio del Vangelo, vale a dire nel contribuire a cambiare il cuore e gli stili di vita delle persone generando anche forme e modelli sociali profondamente ispirati e animati dalla Parola di Cristo. «All’animatore della comunicazione e della cultura – afferma monsignor  Betori – è dunque chiesto di aiutare la comunità ecclesiale ad entrare in dialogo con gli uomini del nostro tempo, utilizzando tutti quei linguaggi e quei percorsi culturali che plasmano il volto della società contemporanea». Il suo obiettivo, come specificato chiaramente nel Direttorio, è dare spessore culturale con un nuovo modo di pensare e realizzare l’azione pastorale al fine di promuovere efficacemente le iniziative della comunità ecclesiale.

Il terzo elemento di spicco dell’animatore della comunicazione e della cultura è la sua capacità di sviluppare uno slancio innovativo e creativo, che si realizza non solo valorizzando e rivitalizzando la presenza dei media e delle iniziative culturali esistenti, ma anche individuando nuovi percorsi atti a rendere significativa ed interessante la “presenza viva” della Chiesa locale così da poter essere davvero “luce del mondo e sale della terra”.

In questo quadro tante sono le iniziative editoriali e progettuali che la Chiesa di Roma nell’espressione della CEI mette a disposizione quale utilissimo lievito da saper utilizzare nelle realtà diocesane e locali: dal quotidiano “Avvenire” all’emittenza radio televisiva di “Sat2000” e “InBlu” con le reti ad essa collegate, dal rilancio delle “sale della comunità” per il cinema cattolico all’utilizzo delle stesse come innovative sale multimediali, dai numerosi progetti orientati all’uso intelligente e mirato delle nuove tecnologie informatiche alle svariate iniziative nel campo della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, senza dimenticare la presenza della stampa nazionale e locale frutto del generoso impegno di diversi istituti religiosi.

È chiaro però che per utilizzare al meglio tutti questi strumenti servono nuovi operatori pastorali, gli animatori della comunicazione e della cultura, che dovranno essere opportunamente preparati, per cui sarà necessario predisporre progetti di formazione a vari livelli e come aggiunge S.E. monsignor  Betori si dovrà «rafforzare accanto allo spirito di volontariato anche una puntuale verifica degli spazi e delle condizioni per una rinnovata capacità di fare “impresa culturale”, attivando sinergie e iniziative che presuppongono una vera e propria cultura d’impresa».

Concludendo per far sì che a livello locale si possa recepire il messaggio del Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa ed applicarne i contenuti, è necessario – afferma ancora il segretario generale CEI – che «all’origine di tutto ci siano persone decise a muoversi in tal senso. Per cui il primo lavoro da fare da parte dei referenti diocesani è quello di individuare le persone che dimostrano le attitudini necessarie a questo tipo di impegno; e di coinvolgerle, sensibilizzarle, spronarle alla partecipazione. Solo in questo modo, creando una sinergia tra le realtà presenti sul territorio e soprattutto coinvolgendo in modo mirato i singoli soggetti che ne possono essere gli animatori, … si apriranno possibilità davvero grandi non solo nel senso di uno svecchiamento delle proposte pastorali ma anche nel senso di una maggior visibilità della Chiesa, nella sua capacità di interagire nella vita pubblica, di attrarre interesse, di entrare in contatto con persone lontane, curiose o assetate di “significato”, che non si avvicinerebbero al nostro mondo attraverso i canali usuali».