IL FENOMENO TRUMP

I veri motivi dell’inaspettata ascesa del neo presidente americano

Ilaria Destefanis, 09.03.2017                FOTOGALLERY

TORINO – Una mostra sull’immigrazione e il volto irriverente del nuovo presidente americano nella stessa stanza: sembra una contraddizione, ma è ciò che ha accolto i presenti al dibattito del 7 marzo scorso organizzato da Nuova Generazione alla Piazza dei Mestieri di Torino, che ha visto assoluto protagonista proprio il discusso Donald Trump. Ospiti d’eccezione per portare le loro impressioni e conoscenze Mattia Ferraresi, corrispondente de Il Foglio a New York e autore del primo libro italiano sull’argomento La febbre di Trump. Un fenomeno americano”, e il direttore de La Stampa Maurizio Molinari.

Le dichiarazioni di Trump sono interessanti da scoprire oltre quello che ci viene raccontato dai media italiani“ ha affermato in apertura il mediatore della serata, il Consigliere comunale Silvio Magliano. Certo non è facile ragionare sul neo presidente senza lasciarsi condizionare dall’immagine che da mesi viene trasmessa di lui, in un continuo scambio di battute tra gli entusiasti e chi lo taccia di essere solo un fenomeno dello spettacolo dalle idee discutibili. Ma sarebbe opportuno svincolarsi dalla bufera di informazioni che ci circonda per cercare di capire in profondità, non semplicemente giudicare, ciò che sta succedendo in questo momento negli Stati Uniti. E proprio questo è stato l’approccio di Ferraresi: partendo da una ricerca sui fatti, e non dai rumors, ha tentato di guardare oltre l’immagine mediatica di Trump e l’idea che lo vede come una sempliceanomalia del limpido sistema bipartitico americano.

Ma una semplice anomalia, come hanno sottolineato gli ospiti, il presidente non è.

È secondo Ferraresi lasintesi dellamessa in discussione del modello occidentale a cui siamo stati abituati”, il sintomo della crisi del sistema politico tradizionale che dava già i primi segni nell’America del primo dopoguerra, dove i conservatori avanzavano proposte isolazioniste simili a quelle di Trump. Per Molinari il presidente ha ottenuto la vittoria per la sua capacità di parlare al ceto medio americano, che impoverito e adirato per le diseguaglianze non si riconosceva più in alcun partito, repubblicano o conservatore che fosse. Come spiega il direttore de La StampaLa gente infuriata e impoverita, che non si sente protetta, vota per la rabbia e per la rivoluzione: l’unico candidato in grado di spaccare il sistema e di portare la rivoluzione, leggendo le necessità di quel ceto medio deluso dalle aspettative riposte nella presidenza Obama, era proprio Donald Trump.   

Fondamentale diventa quindi osservare il neo presidente non come fenomeno isolato e a sé stante, ma all’interno del suo contesto: “Non bisogna guardare l’ultimo tweet di Donald Trump, ma guardare Donald Trump come fenomeno immerso e inserito nei fili della storia”, afferma deciso Ferraresi. Con questa chiave di lettura Trump, Le Pen, Geert Wilders, la Brexit non sono casi svincolati, ma diverse declinazioni di una tendenza al particolarismo che si sta facendo strada nel mondo dopo decenni di universalismo. Secondo Molinaristiamo attraversando una fase di disgregazione, di decomposizione: si rifiuta l’idea universalista del vivere insieme. Ed ecco che il “fenomeno Trump” non è più una semplice anomalia del sistema tradizionale, ma un tassello di un mosaico molto più vasto: la trasformazione degli equilibri mondiali in un periodo di fortissima accelerazione sociale. Un’accelerazione sociale che il neo presidente ha saputo cogliere anticipatamente, apparendo proprio per questo come “un personaggio da camicia di forza o un fenomeno di intrattenimento”, come ha raccontato Ferraresi, testimone diretto della reazione americana all’ascesa di Trump.

La presidenza Trump è appena cominciata e le sue prime mosse spaventano: le dichiarazioni non sono rimaste semplice parole, come molti speravano, e la direzione presa dal presidente sembra andare verso un concreto isolazionismo, che a prima vista pare non curarsi delle critiche degli altri Stati, né di quelle di una buona percentuale di cittadini. I passi che il mondo sta facendo sembrano tornare ai vecchi nazionalismi che sono sfociati in due sanguinose guerre mondiali: davanti alla povertà e alle ingiustizie sociali, la storia insegna che l’uomo reagisce con la diffidenza e con l’odio verso gli altri. Non resta che stare a vedere cosa farà Donald Trump, come ha suggerito lo stesso Papa Francesco, e insieme con lui i grandi della terra, sperando che non sia passato troppo tempo dall’ultimo conflitto mondiale per ricordarsi quanto preziosa sia la pace.

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Fotogallery di Carlo Cretella

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