ALDO MORO: UNA VITA OLTRE IL RICORDO

Valeria Noci, 14.12.2016           FOTOGALLERY

TORINO- “Se nell’occasione di questo centenario si vuole davvero onorare la memoria di Aldo Moro dobbiamo cominciare a conoscere un Moro diverso. Naturalmente, occorre occuparsi di lui come di un politico ma ricordarsi che Moro è stato anche un intellettuale, un cattolico, un giurista, un cristiano ed è stato soprattutto un uomo: per far politica conta molto anche un mondo di affetti, mentalità e relazioni private che solo l’esperienza personale può raccontare”.

Queste le parole di Renato Moro, nipote del grande leader politico, che riassumono in modo conciso la voglia di superare i pregiudizi sulla figura di Aldo Moro durante il dibattito tenutosi al Polo del 900 nella città di Torino, in occasione della conclusione dell’anno centenario della nascita di Moro, organizzato dalla Fondazione Donat-Cattin in data 14 Dicembre 2016.

Una serata, quella organizzata dalla Fondazione, che come sottolineato dal moderatore Gianfranco Morgando: «ha l’obiettivo di ritornare su una delle figure che hanno maggiormente caratterizzato la politica e la figura dell’Italia nel 900, in modo più completo e approfondito». Un’occasione molto importante, quindi, per la Fondazione Donat-Cattin che mette al centro della sua attenzione l’approfondimento delle  problematiche più importanti della vita politica, sociale, economica e culturale del paese nel 900.

Una presenza molto significativa all’interno del dibatto è, appunto, quella del professor Renato Moro, che oltre ad essere suo nipote coordina il gruppo di lavoro di ricerca storica su Aldo Moro presso l’Accademia di studi storici intitolata a quest’ultimo. Inoltre dai suoi studi sugli anni della formazione giovanile di Moro uscirà a breve un libro, suo contributo molto importante. Egli sottolinea come ancora oggi l’immagine comune che si ha di Moro non corrisponda in realtà alle ricerca storica. Infatti, la prima immagine che viene in mente parlando di lui è quella del prigioniero delle Brigate Rosse: “Assistiamo ad una sorta di proiezione all’indietro, spesso leggiamo Moro partendo dalla fine e non dall’inizio, come se la fine fosse l’elemento chiave che permette di interpretare tutto il resto”. Moro è stato inoltre uno dei leader più controversi dell’epoca, amato e addirittura odiato perchè considerato come il tessitore del compromesso storico e dell’apertura ai comunisti. Terza componente di questa immagine è data dalla figura di Moro come un animale totalmente politico: come se il discorso sulla sua persona debba cominciare e finire esclusivamente con l’azione politica. Come sottolineato con trasporto dal nipote, questa figura collettiva che si ha di Moro è a dir poco riduttiva, dietro questa immagine esiste una realtà più complessa. Bisogna, quindi, chiedersi se questo politico di professione fosse stato solo questo, quando in realtà ha vissuto a lungo l’impegno politico come transitorio. Dobbiamo soprattutto ricordare che lui ha avuto una formazione meridionale e provinciale caratterizzata però da elementi di novità all’interno di una famiglia di maestri della piccola borghesia. Tutto ciò è molto importante per capire alcuni aspetti della sua personalità: ha sempre vissuto come una priorità la necessità dell’equilibrio del paese tra nord e sud. E’ stato, inoltre, un uomo di profondissima religiosità ma è anche stato uno degli uomini di cultura più laica; nonostante ciò, in lui questi due fronti non furono mai contrapposti. E a tal proposito spiega: Il suo impegno è sempre stato quello di cercare una verità profonda che metta insieme posizioni lontane e a volte antitetiche tra di loro“. Ci ricorda poi con un commuovente ricordo personale che Moro è stato anche un politico dello studio:“Ricordo le estati a Terracina, dove lo vedevo passare ore ed ore nel terrazzino di fronte al mare immerso nella lettura di mucchi di giornali che gli arrivavano fino alle ginocchia, sforzandosi di intendere una società complessa e disarmonica”.

A questo proposito il sociologo Alfonso Alfonsi sottolinea la grande capacità di Moro di interpretare la realtà senza semplificazioni, ma interpretandone con coraggio e passione la complessità. Egli studiava e analizzava la società di massa, con la consapevolezza che non si trattava però di una società massificata e omogenea ma bensì di una società complessa e multiforme: per lui la società ha sempre avuto infatti un primato rispetto alla politica che deve sempre avere carattere inclusivo e non lasciare nessuno ai margini. Era un grande osservatore della società italiana in termini non consueti. Inoltre una delle tante contraddizioni sull’interpretazione della persona di Aldo Moro viene sottolineata dal coinvolgente intervento di Francesco Traniello che si chiede per quale motivo egli fosse famoso per l’oscurità del linguaggio quando in realtà leggendo i suoi testi le sue idee sono espresse in modo nitido e schietto, così spiega: “Il linguaggio di Moro è la sua personalità, appare oscuro perché inconsueto e non banale. I problemi in Moro sono affrontati interamente ma in termini non consueti: Questa apparenza di oscurità derivava, quindi, dall’originalità del suo linguaggio”. Moro utilizzava frequentemente il termine “intuizione“, che per lui non è ideologia ma bensì un “guardare dentro”. Viene così fuori, ancora una volta, un personaggio con una formazione non comune come sottolineato in precedenza dal nipote.

Con l’intervento dello studioso Alessandro Parola viene poi delineato il rapporto tra Moro e Donat-Cattin, ricostruito tramite fonti epistolarie tra i due politici che sottolineano sintonie e differenze che hanno caratterizzato i due personaggi: Le lettere ci rivelano tratti delle due personalità molto singolari e poco assimilabili, rapporto da inquadrare in termini di una grande fiducia quasi fideistica che Carlo Donat-Cattin aveva per Moro”. Si trattava di un rapporto di grande amicizia, divennero punti di riferimento l’uno per l’altro in ambito politico ma anche in termini di confronto personale.

La serata giunge al termine con l’intervento di Guido Bodrato che evidenzia ancora una volta l’unità di quest’uomo nella sua esperienza politica. “In questo incontro la cosa più importante da sottolineare è la complessità del personaggio, è il tentativo di comprendere a fondo il suo impegno politico e le sue scelte politiche”. Per lui erano chiari i limiti della politica: bisogna riconoscere una pluralità di posizioni che vanno tenute insieme dalla politica che è composita e disomogenea come lo è la società stessa. E sottolinea ancora una volta la forte personalità di Moro:“Moro non ha mai citato frasi celebri a conferma delle proprie posizioni, non si nascondeva dietro quello che era stato detto da qualche altro personaggio importante prima di lui”.

Chiude il dibattito con un’ultima riflessione Gianfranco Morgando: Noi stasera non abbiamo contemplato il passato, noi sta sera abbiamo riflettuto sul passato traendo stimoli ed intuizioni per il nostro presente”. La domanda essenziale da porsi alla fine di questo incontro come sottolineato da Renato Moro è quindi: In questo centenario in che modo conta nella storia del nostro paese Aldo Moro?

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Fotogallery di Carlo Cretella

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