IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

Globalizzati e indifferenti

Editoriale di Davide Ghezzo – 14 luglio 2013

Cadaveri sulla spiaggia, coperti, in via provvisoria, da un telo; attorno gente che passeggia, gioca, fa il bagno, chiacchiera del più e del meno. Nessuno che si preoccupa, che prova compassione, che si interessa minimamente al destino – terreno e non – di chi è trapassato lì a pochi centimetri.

E’ una delle immagini più terribili, diciamo pure agghiaccianti, di quello che siamo diventati. Esseri dalle reazioni meccaniche, robotizzate; entità basate su una programmazione che ci ricorda quando e come lavorare, divertirsi, espletare funzioni e bisogni sempre più tendenti alla materialità, a una corporeità grossolana.

Nel corso della sua visita a Lampedusa, l’isola ormai dolorosamente nota come primo approdo di migranti disperati, il Papa ha parlato di globalizzazione dell’indifferenza: il disinteresse per la sorte altrui, compresa la più drammatica, è come un contagio, che parte dai piani alti, cioè dai più benestanti, per diffondersi presso l’umanità media, quella piccola borghesia, impoverita ma tecnologica, di cui quasi tutti facciamo parte.

Che cosa è successo? Perché ci siamo ridotti così?

Non è una domanda inutile, né scorretta. Un’obiezione storica ricorda che la gran parte dell’umanità ha sempre vissuto con poco, e che i portatori di handicap, fino a due secoli or sono, erano lasciati al loro destino. D’accordo, ma noi viviamo in una società postindustriale, che possiede strumenti e risorse adeguati a vincere le piaghe che l’umanità si porta appresso. Il guaio di fondo sta nella mentalità che si è creata, come onda lunga della rivoluzione del benessere. Il modello del capitalismo, pur rivelatosi vincente ed efficace sotto molti aspetti, ha alimentato l’egoismo e la chiusura del cuore nei confronti di chi è in difficoltà. Competizione, mercato libero e spesso selvaggio hanno dato forza al motto latino: mors tua vita mea. Se tu non ti affermi, io ho maggiori possibilità di farlo.

La Chiesa cattolica, col suo percorso storico pur contraddittorio, indica una strada diversa: la condivisione, il rendere partecipi gli altri di ciò che abbiamo, e anche di ciò che siamo. In fondo nei suoi momenti migliori anche il grande partito italiano di ispirazione cattolica, quella Democrazia cristiana che gli pseudopolitici odierni ci costringono a rimpiangere, propugnava proprio questo concetto: l’allargamento del potere, l’inclusione delle fasce più deboli in un movimento sociale coinvolgente, in cui tutti appartengono a un progetto.

Di nuovo, si obietterà: l’esito di questo cammino è stato la corruzione, l’assistenzialismo a base di sprechi e clientele, e infine la vergogna di Tangentopoli. Ma la Chiesa e il nostro Papa vanno in un’altra direzione, come conferma il pacchetto di leggi vaticane – che vedono in specie l’inasprimento delle pene contro la pedofilia – ratificato proprio in questi giorni da Bergoglio.

Il Pontefice chiama alla presa di coscienza, al senso di responsabilità individuale, all’impegno strenuo nel servizio e nell’oblazione di sé. Siamo al polo opposto rispetto all’atteggiamento di chi aspetta la manna dal cielo, o da un più terreno welfare state.

L’uomo è degno di sé, ovvero della sua natura spirituale, e del suo stesso Creatore, in quanto è capace di operare, con cuore e cervello – quindi con senso di sacrificio e insieme con raziocinio – in favore della vita che armoniosamente lo circonda.

Ognuno con le sue forze e prerogative, certo; ma la chiamata è rivolta a tutti gli uomini. Tutti abbiamo in dotazione – tra altre mirabili caratteristiche – una buona dose di “buona volontà”, sì, proprio quella che per volere divino ci porta alla pace interiore. Cioè al bene supremo cui l’uomo, perlomeno nei suoi giorni terreni, può aspirare.           

P. S. : Il vostro editorialista scollega pro tempore i terminali informatici e anche, almeno in parte, il proprio cervello. L’appuntamento è per domenica 18 agosto.

Buone vacanze a tutti i lettori del sito!