IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

PER UNA CHIESA PULITA E POVERA

Editoriale di Davide Ghezzo – 16 giugno 2013

Papa FrancescoNotevole scalpore ha suscitato, in questi ultimi giorni, l’affermazione diPapa Francesco secondo cui nell’ambito della Curia romana è presente e attiva una “lobby gay”. Non si è trattato, evidentemente, di un’ammissione coram populo, bensì del passo di una conversazione avuta, il 6 giugno, con una delegazione della CLAR, la Confederazione latinoamericana dei religiosi. Il portavoce vaticano padre Lombardinon ha smentito la notizia, confermandone così la veridicità.

Già l’attuale Papa emerito, Joseph Ratzinger, era riuscito, nel corso del suo mandato, a isolare e debellare alcuni casi di scandalo sessuale, in specie legati alla pedofilia. Ma Bergoglio si accinge a un lavoro più profondo, radicale, che emendi la Curia stessa da ogni forma ed esempio di corruzione. Egli ammette di essere ‘desorganizado’, non dotato cioè di quella forma mentis rigorosa, ordinata, attenta agli elementi giuridici che pare necessaria per operare una riforma istituzionale di questa portata. Ma il Papa non è solo, lo attorniano cardinali di vaglia, che sono a volte anche amici di lunga data, come l’honduregno Maradiaga, senz’altro in grado di preparare e attuare una strategia ineccepibile.

A questo punto ci pare lecito sgombrare il campo da uno dei tanti equivoci in cui incorrono i pensatori ostili alla Chiesa cattolica: ci sembra infatti già di sentire una o più vocine petulanti che denunciano la discriminazione operata nei confronti dei sacerdoti gay. Ma neanche il prete più tradizionalista si sogna di contestare i diritti civili degli omosessuali, né la loro ammissione nella comunità cristiana; un personaggio programmaticamente ambiguo come Vladimir Luxuria ha ricevuto la sua bella Comunione.

Se esistono per nascita persone attratte da chi è sessualmente omologo, ciò accade perché Dio stesso, nella sua opera demiurgica, ha voluto dare forma e dignità a questa tipologia; e i sentimenti che ne derivano meritano ogni rispetto e difesa, nella loro peculiare bellezza. La Chiesa, la Chiesa di papa Francesco, non condanna queste persone.

Ma un discrimine deve esserci nel cuore di chi ha dichiarato fedeltà e obbedienza a Gesù, e alla Chiesa che egli creò pietra su pietra. Se c’è vocazione, se c’è chiamata a seguire il messaggio del Vangelo, e in specie a farsene portavoce, con tutte le proprie forze, nel mondo secolarizzato, allora l’intero slancio sentimentale di quell’uomo, o donna, deve andare in quella direzione; non c’è spazio interiore per un’affezione diversa, tanto meno se quest’ultima – come sembra proprio di molte unioni omosessuali – si esprime in forme morbose e ossessive. L’amore del sacerdote cristiano ha da essere universale, onnicomprensivo; dunque equilibrato.

Per la stessa ragione, i ministri di Cristo sono chiamati a essere poveri. Agli Apostoli Gesù chiese di lasciare tutto, e di seguirlo. “San Pietro non aveva il conto in banca”, ha affermato perentorio il suo remoto, ultimo successore.

La scorrettezza politica di Papa Francesco va di pari passo con la sua capacità di mostrarci la radice dei problemi, e insieme la strada per le loro soluzioni. Certo non possiamo pensare che una battuta possa far sparire, come per magia, lo IOR, né che il modello francescano – un vecchio saio addosso, una ciotola di minestra per nutrimento, una cella fredda per dormire e pregare – sia applicabile in toto al clero odierno. Ma possiamo scommettere che tutti quegli orpelli, eleganze, onori mondani che a loro volta distolgono l’animo dei sacerdoti – e tanto più quanto più si sale nella gerarchia – dalla vera sequela di Cristo e del Vangelo, saranno duramente contestati da Bergoglio.

Una Chiesa povera per i poveri, è la breve, funzionale formula. Perché solo questo tipo di chiesa può essere portavoce credibile della Verità spirituale, cioè dell’immensa ricchezza custodita da ogni involucro d’uomo.