IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

Il ricordo e la speranza

Editoriale di Davide Ghezzo – 1 settembre 2013

L’equilibrio tra passato e futuro non è una formuletta politica buona per tutte le stagioni, ma una semplice, basilare esigenza del cuore umano. Coi suoi interventi di questi ultimi giorni, il Papa l’ha rispecchiata con chiarezza, sottolineandone l’importanza in senso religioso e non.

Il 31 agosto 2012 moriva Carlo Maria Martini, a lungo arcivescovo di Milano. A un anno dalla scomparsa, il pontefice l’ha ricordato come ‘uomo di discernimento e di pace’, ‘profeta’ e ‘padre della Chiesa’. Non si potevano trovare parole migliori per una figura di grande carisma e popolarità, spesso scomodo, come quando ebbe il coraggio di dichiarare che la Chiesa, in determinate materie, è in ritardo di 200 anni. A Bergoglio è stata presentata la nascita di una Fondazione dedicata a Martini – creata dalla Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano – che intende divulgarne l’opera, perseguendo la linea del dialogo non solo interreligioso ma anche laico e civile, ivi compresi i non credenti.

Ma il cordoglio del Papa si è rivolto anche a una figura di spicco della cristianità in una terra lontana e difficile. A 81 anni è morto Medardo Joseph Mazombwe, arcivescovo emerito di Lusaka, nello Zambia. Il pontefice ne ha ricordato l’impegno strenuo per la diffusione del Vangelo in tutta l’Africa, ma anche la lotta costante alla piaga della povertà, che deve necessariamente accompagnarsi al messaggio di Cristo (perché il poverello d’Assisi è una luminosa eccezione, laddove l’uomo comune, diremmo il borghese occidentale medio, appare capace di fede e bontà solo dopo aver appagato dignitosamente le esigenze materiali).

Insomma Bergoglio non dimentica, e vuole che non ci si dimentichi delle persone che col loro esempio luminoso hanno tenuto alto in tutto il mondo il vessillo della Chiesa, contrapponendosi implicitamente alla pretesa di coloro che vedono nel Vaticano solo scandali e corruzione.

D’altro canto il Papa regolarmente si rivolge alle generazioni nuove, a quei giovani che incarnano per definizione il sentimento – che è anche virtù teologale – della speranza. Ricevendo 500 giovani del piacentino, Bergoglio ha ricordato che è implicita nella gioventù la ricerca dei tre valori che fondano e rendono sopportabile la vita dell’uomo: bontà, bellezza e verità.

Il pontefice ha invitato i giovani (con cui si trova particolarmente bene: ha deciso di incontrarli ‘per egoismo’…) a rifuggire da pigrizia e tristezza, perché un ragazzo pigro o triste non potrà trovare in sé, né nel mondo che lo circonda, alcunché di buono, bello e vero. L’esortazione è a non lasciarsi andare, a non cedere alla moda corrente dello sballo, fatto di alcool e droga, che bruciano il cervello e inaridiscono anche la dimensione sentimentale e affettiva.

Si tratta di scorciatoie con cui si crede di affrontare meglio la realtà, ivi compresa la situazione di crisi con cui più o meno tutti dobbiamo fare i conti. Ma in un giovane, ricorda il Papa, la speranza non può e non deve mancare, perché c’è una vita da costruire, conseguimenti e felicità del cuore, e perché no realizzazioni lavorative e professionali, che aspettano appena dietro l’angolo della maturità. La crisi non può essere una scusa per non profondere le proprie energie nella costruzione di un mondo migliore, come è proprio della gioventù di tutti i tempi.

Ma per un giovane cristiano, conclude il pontefice, una parte non irrisoria di tali energie va infusa nella preghiera: con umiltà il Papa chiede che si preghi per lui, perché il lavoro che gli si pone di fronte è oltremodo pesante e difficile. Ma pregare per il Papa vuol dire pregare per l’umanità intera, su cui si riverberano la forza e la solarità del nuovo Vicario di Cristo.