IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

L’ecumenismo spirituale

Editoriale di Davide Ghezzo – 19 Gennaio 2014

Se si fa un bilancio, una statistica degli interventi di Papa Francesco, l’ecumenismo delle chiese cristiane si rivela senz’altro come uno dei temi più caldi, delle ‘hit’ di pensiero e di riflessione, come conferma il recente ricevimento di una delegazione della chiesa luterana finlandese (si tratta peraltro di un appuntamento annuale, coincidente con la festa di sant’Enrico patrono di Finlandia, inaugurato 25 anni fa da Giovanni Paolo II).

Il Papa ha invitato gli ospiti di confessione protestante – ma implicitamente gli stessi cattolici – a porre l’accento non sugli elementi di divisione, ma su quelli che uniscono, a partire evidentemente dal messaggio di Gesù. Bergoglio ha ripreso la domanda rivolta da san Paolo alla comunità di Corinto, segnata da lacerazioni e litigi: Cristo è stato forse diviso?

Il tema dell’ecumenismo, osserva Papa Francesco, assume particolare attualità, per non dire urgenza, nel contesto secolarizzato di società e culture che sempre meno fanno riferimento a Dio e alla dimensione trascendente della vita. Su questo sfondo agnostico per non dire ateo – per non dire che tante, troppe persone, anche giunte a un’età avanzata, nemmeno si pongono con un minimo di serietà il problema della profondità spirituale dell’esistenza -, l’unione delle forze tra le varie confessioni cristiane sembra essere un passo ineludibile.

L’ecumenismo, peraltro – concetto che emerge già dalle pagine del Concilio Vaticano  II – può essere considerato in primo luogo un processo spirituale. La conversione del cuore e la santità di vita sono elementi bastanti perché un cristiano possa essere ritenuto sinceramente ecumenico. Non è così essenziale, insomma, che si giunga a una perfetta univocità teologica sulle questioni dogmatiche responsabili, nel lungo percorso storico della Chiesa, dei successivi scismi. L’obbedienza fedele al Padre, l’ottemperanza alla volontà di Cristo e il porsi sotto la protezione dello Spirito Santo sono i gesti, esteriori e non, che collocano i credenti sulla strada giusta.

In un contesto differente, il medesimo concetto del perseguimento di criteri e principi moralmente corretti è stato rivolto da Papa Francesco alla folla dei dipendenti Rai con le rispettive famiglie, riuniti nell’ampia sala Paolo VI. La ricorrenza riguardava in questo caso i sessant’anni di trasmissioni televisive dell’emittente nazionale – e addirittura i novanta di quelle radiofoniche.

Il pontefice ha raccomandatoriconoscendo il buon lavoro svolto dalla compagine della Rai in tanti anni – il perseguimento della diffusione di bontà, verità e bellezza. Appare qui implicita la condanna della ‘televisione spazzatura’ che troppo spesso riempie i palinsesti di tante emittenti private, che alimentano l’audience diffondendo senza problemi violenza, volgarità e cinismo. 

Il livello etico del giornalismo (televisivo e non) va dunque tenuto alto, evitando disinformazione, diffamazione e calunnia. Perché non bisogna dimenticare che l’informazione è anche sempre – e indipendentemente dalla volontà di chi fornisce il servizio giornalistico – opera di formazione, di sensibilizzazione del pubblico nei confronti di qualsivoglia tematica.