IO SONO LA VITE… VOI I TRALCI. 

Nutrire il pianeta. Energia per la vita.

Cercare di fare interagire in una riflessione il testo di Gv. 15, 1-8 “Io sono la vite.. voi i tralci: chi rimane in me porta molto frutto”, l’evento dell’ Expo 2015 con il suo programma: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, l’invocazione del Padre nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” che campeggia nel padiglione del Vaticano e il criterio con cui tutti saremo e siamo giudicati: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare… benedetti!”, è di certo un azzardo. Ci provo, con un certo coraggio.

Gesù applica a se stesso l’immagine “Io sono la vite” con verità, perché per tutta la vita ha fatto del bene, ha amato tutti, ha amato sempre fino alla fine, prima di morire si è dato come “pane di vita”, morto e poi risorto ha fatto di sé un dono totale di vita: “Io sono venuto perché tutti abbiano la vita…” (Gv. 10,10).

Di noi dice: “Voi siete i tralci, se rimanete in me portate molto frutto”.

L’invocazione del Padre Nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” significa “Dacci, o Signore, la capacità, l’inventiva, la forza di trasformare in pane i frutti della terra”. Il pane è un prodotto di cultura e, come i frutti della terra, è per tutti.

Il programma dell’Expo 2015 “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, coniuga insieme la metafora della vita e del pane e rende operativa l’invocazione del Padre nostro. Quest’evento, che fa incontrare a Milano 145 popoli della terra e costringe ognuno a raccontare visivamente come intende nutrire il pianeta, è certamente una buona occasione per riflettere e maturare itinerari di convinzione responsabile sull’uso delle energie umane e della terra, per giungere a progetti operativi. Tutto questo davanti al paradosso dell’oggi: miliardi di volti paffuti e fin troppo floridi, miliardi di volti, tantissimi di bambini, scavati, con occhi sbarrati perché denutriti. Le disuguaglianze segnano il pianeta. “E’ necessario – dice Papa Francesco – globalizzare la solidarietà, per offrire pane e dignità a tutti gli uomini del pianeta”.

Il volto del paradosso: 805 milioni di affamati, 150 milioni di bambini, 2 miliardi di persone che vivono sotto il limite di povertà, 1 miliardo di persone che sviluppano malattie per eccesso di cibo, mezzo miliardo di obesi e, tutti gli altri spesso indifferenti alla realtà. Miliardi e miliardi di cibo buttato nei rifiuti. Questo produce “la cultura dello scarto”.

Camminando per quel Decumano lungo circa 2 Km., di padiglione in padiglione – il mondo in vetrina – e sostando di fronte all’Albero della vita con nell’orecchio e nel cuore le parole del Vangelo “Io sono la vite”, è inevitabile riflettere, maturare convinzioni responsabili e propositi.

La vite è un albero generoso della nostra terra: cresce ovunque, si accontenta di terra povera e di poca acqua, è generosa nel produrre tralci con abbondanza di frutti. Se accanto ha un alberello lo abbraccia e anche se ha accanto un bastone, ancora lo abbraccia. Se è addossata a un piccolo rialzo tutto lo riempie di vita. La vite è un inno alla vita, un alberello innamorato del mondo.

Pensando l’Expo e la vite viene spontaneo dire a se stessi e a tutti: oggi, incomincia il domani…

Dall’accostamento di realtà, visioni e parola del Vangelo vorrei suggerire alcuni percorsi e alcune convinzioni-propositi. 

Le disuguaglianze non sono invincibili, non sono naturali, sono prodotte, dunque reversibili, risolvibili. Dio non ha creato disuguaglianze, ma differenze che nell’insieme sono ricchezze per tutti.

La fame, la denutrizione e la povertà non sono fatali, ma opera dell’uomo.

Ogni uomo è tralcio unito all’albero della vita con un solo scopo: produrre vita. I piccoli cantori di Milano all’inaugurazione hanno modificato l’inno nazionale cantando così: “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla vita…”.

L’unico modo per costruire il futuro è quello suggerito dalla Vite: abbracciare il mondo. Unico è il criterio di giudizio per marcare la riuscita: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare… benedetti!”.

don Renzo – 3 maggio 2015