IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

Natale, Festa Della Fiducia

Editoriale di Davide Ghezzo – 22 Dicembre 2013

La solita corsa ai regali e agli acquisti gastronomici, che caratterizza i giorni precedenti il Natale non può impedire a chi è o vuole sinceramente essere cristiano, di rivolgere il pensiero al senso profondo della festa che si avvicina. Del resto la crisi dell’economia ha anche questo risvolto: se la diminuzione del potere d’acquisto ci impedisce di concederci tutta una serie di lussi e di gadget, tecnologici o meno, allora giocoforza ci dobbiamo rivolgere a quella ricchezza che non si svaluta, a quella moneta che non si ossida e non si corrode. Si tratta, insomma, di fare il punto sui valori spirituali e interiori che ci animano, e ci umanizzano, molto al di là del contenuto del portafogli.

Occorre allora capire che se c’è una gioia, una serenità, una fiducia insite nella ricorrenza di fine anno, questi sentimenti ci derivano non dalle prevedibili abbuffate (perché si rinuncia a tutto ma non alle portate previste per il pranzo della festa), non da oggetti e oggettini, più o meno graditi e utili, che troveremo sotto l’albero, ma dal fatto che il Natale ci ricorda in modo tangibile che Gesù si è schierato dalla nostra parte, nel momento stesso in cui, come si recita, ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la condizione umana.

Tale semplice e profonda riflessione è stata posta da Papa Francesco al centro della sua trentesima udienza generale, rivolta a migliaia di pellegrini assiepati in Piazza san Pietro nonostante il freddo. Il Figlio di Dio, ha sottolineato il pontefice, è sceso in un mondo segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Non ha scelto, insomma, un tempo e uno spazio idilliaco, pacificato, in cui diffondere con facilità, quasi sul velluto, il proprio messaggio. L’incarnazione è avvenuta nella storia, col suo portato inevitabile – almeno per ora – di dolore e sofferenza.

Questo dato di fatto ha due fondamentali conseguenze, che attengono alla fede dell’uomo e nello stesso tempo alla sua capacità di operare concretamente e positivamente nel mondo, così che il tassello posto dal singolo individuo si combini in un intarsio di bene e utopia finalmente realizzata in terra.

La prima è che se Dio non è rimasto in alto a dominare l’universo, ma è sceso in mezzo all’umanità, facendosi piccolo tra i piccoli, povero tra i poveri, così dobbiamo fare noi, se è nostra intenzione perseguire l’obiettivo di somigliarGli. Il Papa sottolinea la bruttezza del cristiano che non vuole servire, che si pavoneggia nelle varie occasioni sociali, in quello che si può definire un nuovo paganesimo.

La seconda è che se Gesù è uno di noi, in quanto vestito di carne mortale, allora vale il principio che le nostre relazioni col prossimo sono relazioni con Gesù. Il bene e il male che facciamo agli altri lo facciamo a Cristo stesso. Alla domanda stupita degli Apostoli, Gesù risponde che tutte le volte che essi hanno visitato, medicato, vestito, nutrito  un malato, un povero, un carcerato, lo hanno fatto a Lui.

Alla sensibilità comune, così impregnata di materialismo e incapace di avvertire il senso del mistero, si tratta di un’affermazione paradossale, che fatica a trovare un riscontro emotivo. Ma se ci soffermiamo un po’ a pensare, se stacchiamo la spina della frenesia, deplorata anche dal Papa, che ci afferra tutti in questi giorni, e poniamo di fronte alla nostra visione interiore il concetto dell’Incarnazione di Nostro Signore, ci accorgiamo che siamo di fronte a una verità di portata immensa. Ogni parola, ogni gesto, carezza o schiaffo che distribuiamo in giro, spesso in modo vano e crudele, è atto che compiamo nei confronti dell’Uomo-Dio; del divino che sta in ogni uomo, quale che sia il suo status socioeconomico.

Ciò dovrebbe indurci a un atteggiamento un po’ più riflessivo; e tuttavia molti, come  i legionari romani che schernirono Gesù in croce, continuano a non sapere ciò che fanno.