“LE SCONFITTE NON CONTANO”: IL NUOVO LIBRO DI MARCELLO SORGI

Racconta  la storia di suo padre Nino e fa immergere il lettore nell’Italia del dopoguerra

RACHELE PANZETTI – 25.06.2013

La copertina del libroTORINO – Marcello Sorgi, già direttore del Tg1, del Giornale radio Rai e della “Stampa”, di cui è oggi editorialista e inviato, appare in libreria con Le sconfitte non contano (Rizzoli, 2013, pp. 252, €18), biografia del padre Nino, attraverso la quale l’autore racconta 50 anni di storia siciliana ma anche italiana, dall’armistizio dell’8 Settembre 1943 alla strage di Capaci del 23 Maggio 1992.

L’avvocato Nino Sorgi è stato un grande personaggio della vita pubblica e civile siciliana. Nato a Palermo nel 1922, soldato nel ’42, dopo l’armistizio dell’8 Settembre decide di tornare a piedi dalla Toscana in Sicilia e ha l’illusione, insieme a tutta la sua generazione, di poter ricominciare una vita normale, e di riuscire a contrapporsi alla mafia del tempo. Infatti il rapporto malavitoso sempre più stretto tra gli ufficiali americani operanti in Sicilia e i boss mafiosi del latifondo risulta insopportabile al giovane Nino, che inizia il suo impegno come avvocato. Negli anni ’60 in una città come Palermo, che nasconde nei grandi studi legali poteri e interessi inconfessabili, Nino Sorgi si pone come difensore dei deboli: dei contadini che occupano le terre, degli operai che fanno a botte con la polizia, dei familiari delle vittime di mafia, dei giornalisti processati per le verità scomode, degli artisti, dei teatranti, dei poeti.

Dopo questa panoramica sul ruolo civile e storico del personaggio, il libro entra nel dettaglio delle relazioni personali e professionali di Nino: si parla degli anni del liceo, in cui nasce l’amicizia con Nicola Cipolla e Peppe Fazio, dell’incontro con la futura moglie Delia, conosciuta nell’estate del ’49 sulla spiaggia di Mondello e sposata il 31 ottobre del ‘53, della conoscenza dei registi Francesco Rosi, in occasione delle riprese del film sul bandito Giuliano, e Luchino Visconti, per le riprese de Il Gattopardo: Nino si ritrova a dover sostenere e difendere i due registi nell’affrontare le difficoltà di fare cinema in Sicilia, a seguito di minacce e attentati.

Segue la creazione dello studio di via Catania 8 bis con Gino Cipolla e Gianni Polmar, che all’inizio è dedicato quasi esclusivamente alla difesa dei contadini; il sostegno, insieme a Piero Calamandrei, nel processo a Danilo Dolci; storie di nonne, di zie, di questioni di famiglia; il rapporto d’amicizia e rispetto con lo scrittore Carlo Levi, ma anche con Vittorio Nisticò, direttore dell’«Ora», un piccolo quotidiano di battaglia di cui Nino Sorgi prende le difese, in un periodo in cui la parola mafia sui giornali non esiste. È proprio Nisticò a decidere di mettere la mafia in prima pagina, mentre Nino, oltre a controllare i testi dei giornalisti dal punto di vista legale, collabora firmandosi con lo pseudonimo di Castrenze Dadò. In quel periodo gli inviati delle grandi testate si dividono tra la redazione e il suo studio di via Catania: si parla di Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Marco Nozza, Alfonso Madeo, Lino Jannuzzi e naturalmente Leonardo Sciascia. A quel tempo Sciascia è ancora l’insegnante alle elementari: Nino lo frequenta anche al di fuori del giornale, e lo esorta a scrivere di più e a incontrare i giovani.

Ormai all’apice della carriera, Nino Sorgi assume la presidenza dell’Istituto bancario regionale per il finanziamento e lo sviluppo delle industrie in Sicilia, ma ben presto è costretto a dimettersi. Molti anni più tardi il figlio Marcello scoprirà il motivo delle dimissioni in un documento trovato per caso della Guardia di Finanza: corruzione e tangenti. Nonostante le difficoltà e la forte opposizione degli ambienti mafiosi, Nino si lega in un rapporto d’amicizia, di stima e di condivisione degli stessi principi con Giovanni Falcone, l’uomo simbolo della lotta alla mafia, che convince a scrivere per La Stampa.

Marcello Sorgi rievoca anche il giorno della strage di Capaci, alla quale lui stesso sfugge “per miracolo”: anche lui infatti avrebbe dovuto prendere l’aereo diretto a Palermo su cui era imbarcato Giovanni Falcone. Nino Sorgi reagisce con dolorosa incredulità alla notizia della strage e della perdita di un grande magistrato che era prima di tutto un uomo giusto, oltre che un suo carissimo amico.

Ripercorrendo con commossa partecipazione la storia del padre, Marcello Sorgi ci regala un libro che si legge tutto d’un fiato, e che ci immerge in un passato spesso drammatico lasciandoci una lezione di vita: «Le sconfitte non contano, anzi servono egualmente a cambiare le cose, come le idee segnano sempre il solco della storia. Riconoscerlo è una prova d’intelligenza, non il segno di una resa.»