«SI PUO’ FARE», IL CAMMINO DI SANTIAGO DI MATTEO GAMERRO

Una testimonianza che la vita, qualsiasi sia la nostra disabilità, é meravigliosa, sempre

SAMANTHA MARCELLI, 16.08.2015

TORINOMatteo Gamerro ce lo aveva detto alcuni mesi fa: «Farò il cammino di Santiago». Eravamo stati ad una presentazione del suo libro autobiografico  “2 grandi+2 piccole” pubblicato da Edizioni dEste, e proprio in quell’occasione ci aveva svelato questo suo desiderio: «Voglio fare il cammino di Santiago, e questa sedia a rotelle su cui sono a causa della sclerosi multipla non mi sarà d’impedimento a farlo. – aggiungendo Ho conosciuto Pietro Scidurlo, che come me é su una sedia a rotelle, e ho letto il suo libro Il cammino di Santiago per tutti, ho ascoltato i racconti di tante persone che lo hanno fatto, ed ora tocca a me».

Avevamo parlato a lungo della storia, dei significati e degli effetti di questo pellegrinaggio alla tomba di San Giacomo, oggi diventato per alcuni quasi una moda, promettendoci di rivederci dopo che lo avesse fatto. Promessa mantenuta, siamo andati a trovarlo per sapere com’è andata. La prima cosa che ci ha detto é stata «Si può fare». Detto da un altro sembrerebbe scontato, ma dato che a dirlo é lui quell’affermazione acquisisce profondità e senso. I suoi 16 anni di convivenza con la sclerosi multipla lo hanno reso un ingegnere trentaseienne con sensibilità di contesto ed autenticità non consuete.

Ci ha raccontato dei preparativi: «È stato tutto molto veloce, in pochi mesi ogni elemento si é combinato: la sezione del Cai di Ivrea mi ha prestato la  Joelette, una speciale sedia a rotelle adatta a terreni e sentieri disconnessi e rocciosi, e in poche settimane molti amici ed amiche si sono offerti di accompagnarmi donandomi il loro tempo, le loro gambe e la loro forza fisica».

E così, definito il periodo, ottenute le ferie dal suo capo in Alenia, Matteo, con i suoi genitori ed un gruppo di amici il 20 giugno é partito.

Obiettivo: Santiago, e poi Finesterre. Un volo da Bergamo a Santander, due auto a noleggio fino a O’cebreiro, e poi nove tappe sul Cammino.

Sistemazioni per la notte trovate di tappa in tappa, come i veri pellegrini. Matteo ricorda  gioioso quei momenti: «Sono stati 160 km fatti cantando e scherzando. Tutto é stato perfetto.  Il tempo clemente, sempre sole. Verso la fine qualcuno ci ha detto che a cantar così tanto perdevamo il senso profondo del cammino, ma per me è stata una vera gioia essere li, e quel cantare era un modo per ringraziare la vita di tutto quello che mi sta dando. Il canto ci univa e dava forza. Io ero sulla Joelette, ma i miei amici hanno faticato a portarmi, anche se si alternavano nel farlo, e il cantare li sosteneva ed accompagnava».

Rivive con entusiasmo e stupore i tanti incontri  con pellegrini di tutto il mondo: «C’erano persone di tutte le età e di tutti i paesi. Abbiamo condiviso fatiche, allegrie, canti, colazioni, pranzi e cene con persone diversissime: dai ragazzi di una scuola di Verona a un sacerdote brasiliano, dalle giovani tedesche  ai coreani, e tanti tantissimi altri. Ci siamo scambiati mail ed indirizzi. In tantissimi mi hanno chiesto di farsi una foto con me ed io mi sono sempre prestato. Solo una volta ci sono rimasto male, quando un signore dopo la foto si è allontanato piangendo. Lo abbiamo cercato nei giorni successivi, volevo sapere  il perché di quelle lacrime. Lui era slovacco, abbiamo parlato con sua figlia che lo accompagnava nel cammino e sapeva l’inglese. Mi ha detto che piangeva perché vedermi li era la prova che la vita è davvero meravigliosa».

Proprio durante episodi come questo, Matteo  ha sentito la spinta a raccontare il suo Cammino di Santiago, per dire a tutti che la vita è meravigliosa, sempre e comunque. «Sto scrivendo un nuovo libro per dirlo a tutti: si può fare. Si può fare il cammino di Santiago, si può vivere… anche su una sedia a rotelle. Io ho una disabilità fisica che  tutti vedono, ma ogni persona ha qualche disabilità più o meno visibile, e anche le disabilità non visibili ti possono far stare male, bloccare, impedire di vivere davvero. La mia sedia a rotelle si vede, ma ci sono persone che hanno delle sedie a rotelle dentro di loro, e non si vedono subito. Ma anche la loro sedia a rotelle invisibile e’ scomoda e limitante».

Matteo lo vive e lo dice ogni giorno a tutti: «qualunque sia la tua disabilità, il tuo limite, si può fare…si può vivere. E quello che rende possibile tutto é il vivere insieme, nell’amore, con gli altri, siano essi familiari, amici, o sconosciuti che incontri per la prima volta. Il cammino è una grande esperienza di generosità, fraternità, solidarietà. E così deve essere la vita, sempre ogni giorno».

Del suo pellegrinaggio non ci ha raccontato di più, ma ci ha assicurato che ci farà avere una copia del libro appena sarà stampato così conosceremo tutti i particolari di questa sua esperienza. Salutandoci ci ha svelato che oltre al libro ha un altro grande progetto, quello che di seguire i passi di Gesù facendo il cammino di Gerusalemme. «Saranno16 giorni: io sulla Joelette, i miei amici a piedi. Si può fare, anche questo si può fare». Ci lasciamo con entusiasmo dandoci  appuntamento al rientro del suo prossimo Cammino da Gerusalemme, sulle orme di  Gesù.

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