IAN MCEWAN INCANTA TORINO

Il famoso autore inglese nel capoluogo piemontese per presentare il suo ultimo capolavoro

Chiara Varetto, 21.3.2017

TORINO- È una Cavallerizza Reale gremita quella che ha accolto la sera del 20 marzo  Ian McEwan, celebre scrittore inglese giunto a Torino per presentare il suo nuovo romanzo “Nel guscio” (Ed. Einaudi, 2017, €18).

L’incontro, condotto dall’autore italiano Andrea Bajani in collaborazione con il Circolo dei lettori di Torino, Giulio Einaudi Editore, Scuola Holden e Sottodiciotto Film Festival, ha registrato una strepitosa affluenza. Gli organizzatori, visto il gran numero di curiosi ed appassionati presenti già dal tardo pomeriggio davanti alla sede dell’evento, hanno infatti deciso di allestire una seconda sala dotata di teleschermo per permettere anche a chi non è riuscito ad accedere all’aula Magna, di assistere al coinvolgente vis-à-vis con uno degli autori più significativi del panorama letterario inglese e mondiale.

Un incontro piacevole per parlare dell’ispirazione, dell’idea alla base della sua nuova fatica letteraria nonché dello scopo dell’autore ovvero quello di «scrivere la storia di un Shakespeare rinato» come afferma McEwan. Il suo ultimo romanzo si ispira infatti all’ “Amleto”, una delle tragedie più celebri del Bardo. Se la vicenda  del famoso eroe shakespeariano, che vendica la morte del padre ordita dalla madre Gertrude e dallo zio Claudio è il punto di partenza e rivive, in chiave moderna e rivisitata, nelle pagine del romanzo di McEwan, è la struttura scelta dall’autore contemporaneo a renderlo unico nel suo genere. Nessun principe di Danimarca, bensì un feto è il protagonista nonché l’io narrante dell’intera vicenda, in cui i nomi dei personaggi evocheranno quelli della vicenda di Elsinore. Il piccolo, sorprendentemente acculturato, talvolta sarcastico e amante dei piaceri della vita tra cui il vino, che “assapora” grazie alla madre Trudy, ode, durante le ultime settimane di gestazione, la cospirazione della genitrice e dello zio Claude ai danni del padre John.

L’ascolto, fondamentale nella tragedia shakespeariana, torna a svolgere un ruolo centrale anche nel romanzo di McEwan, rendendo il nascituro sia «complice della madre che testimone auricolare» come precisa Bajani. Egli è il solo infatti in grado di comprendere i pensieri e le sensazioni più recondite della madre, vista la vicinanza che li lega. Una posizione che risulta sì privilegiata, ma al contempo fonte di incertezze e di tormento, poiché, come sottolinea McEwan «è molto difficile stare dentro qualcuno anche quando sei dentro qualcuno».

Racchiuso nel grembo materno, ovvero in quel guscio a cui il titolo del romanzo si ispira «il feto è isolato dal caos e avverte una sensazione di benessere» sottolinea Bajani, sebbene contempli, con una certa apprensione, il suo futuro. Condizione che, come sottolinea lo scrittore italiano, anche il lettore sembra condividere avendo l’impressione di essere circondato, immerso nella lettura com’è, da un ambiente ovattato, sicuro e protetto simile a quella del grembo materno da cui provengono suoni e sensazioni più o meno chiari. Ma il guscio in questo romanzo acquista ulteriori significati. Lo spazio ristretto quasi claustrofobico, che l’utero al termine della gravidanza evoca, diventa sinonimo dell’impresa letteraria innovativa di McEwan condensata nello spazio ristretto delle sole 173 pagine di cui il romanzo si compone. Guscio anche come possibile ed ulteriore sinonimo dell’ “isolamento” legato, come suggerisce Bajani nel corso dell’incontro, all’esperienza della Brexit che ha coinvolto l’Inghilterra e anche l’autore inglese in prima persona.

Un incontro piacevole e appassionante come il romanzo al centro del dibattito, che di certo non deluderà le aspettative dei lettori. Un thriller avvincente, innovativo e una grande sfida letteraria, capace di coinvolgere il pubblico dalla prima all’ultima pagina.