IL LIBERO MERCATO È UN’UTOPIA?

SILAEV GRIGORIJ – 31.05.2013

TORINO – L’intreccio tra temi economici e politici, nel tempo di crisi in cui viviamo si rivela sempre più stretto e imprescindibile. Lo dimostra l’incontro della Biennale Democrazia di Torino, svoltosi al Circolo dei lettori, intitolato «Il libero mercato è un’utopia?». La relatrice dell’evento, Serena Sileoni, avvocato e dottore di ricerca in Diritto pubblico comparato, ha commentato le letture eseguite da Marta Campidotto di tre classici del pensiero liberale: Benjamin Constant, Bruno Leoni e Adam Smith.

La docente ha distinto in primo luogo le due forme di utopia, quella imperialistica e quella esistenziale, collocando il libero mercato nel secondo gruppo.

La prima lettura è stata tratta da un testo dell’intellettuale francese del primo Ottocento, Benjamin Costant. La sua riflessione parte dal rapporto tra il mercato e la guerra. Si tratta di due mezzi di arricchimento della società, che pur avendo lo stesso fine si differenziano radicalmente. Costant vede nel commercio una forma più pacifica e civile, non solo per l’arricchimento ma anche per la risoluzione di interessi mutualistici che permette di evitare il ricorso a conflitti bellici del passato.

La relatrice ha messo in evidenza l’attualità di questa teoria e come la riflessione di questo studioso sia stata usata come principio fondamentale del diritto internazionale. A partire dalle seconda guerra mondiale, diverse organizzazioni, prima tra tutte la Comunità Economica Europea si sono prefissate lo scopo di unificare i mercati e aprirli il più possibile, in modo da rendere i sistemi economici degli stati membri direttamente collegati. In un contesto simile qualunque tipo di conflitto sarebbe decisamente antieconomico.

La guerra era il mezzo di conquista del più forte, il commercio si sbarazza di questo limite. Tuttavia non sempre nel mercato libero sono i più meritevoli ad avere la meglio.

Sulla giustizia nel libero mercato è incentrata la seconda lettura, tratta da Bruno Leoni. Il testo del filosofo torinese mette in luce alcuni difetti del mercato libero, primo tra tutti l’assenza di una giustizia in questa forma di scambio. Tuttavia Leoni ci ricorda che nonostante i suoi limiti rimane ancora la struttura economica migliore che sia mai esistita; il paese di “Utopia” non è ancora stato scoperto, di conseguenza non vale la pena paragonare un sistema reale con uno immaginario.

«Il libero mercato è imperfetto, ma si tratta di un fenomeno libero e spontaneo attraverso il quale non si realizzano solo beni materiali ma anche le proprie identità», ha commentato  Sileoni.

L’ultima lettura, estratta da un’opera di Adam Smith tocca il tema dell’incertezza derivante dalla libertà. L’economia di per sé  rimane imperfetta, a volte imprevedibile e rischiosa. Quest’aspetto del mercato rispecchia la condizione dell’essere umano, condannato all’imperfezione eppure libero di migliorarsi all’infinito.

Dalle parole di Smith emergono dei temi politici decisamente attuali, come il conflitto per chi governa tra i propri interessi e quelli del suo elettore.

Per concludere Serena Sileoni analizza le alternative possibili al libero mercato individuando come unica soluzione possibile la coercizione. L’imperfezione, l’incertezza e l’ineguaglianza del sistema economico in cui viviamo sono il prezzo da pagare perché esso rimanga libero.