IL SACERDOZIO MINISTERIALE

Don Giuseppe Sciavilla, 6.06.2016

IVREA – È da poco passata la Solennità del Sacro Cuore che quest’anno cadeva il 3 giugno. La festa del Sacro Cuore di Gesù è intimamente connessa al ministero sacerdotale, come diceva la Venerabile Madre Luisa Margherita Claret de la Touche: “Il cuore del sacerdote deve essere pieno di amore per trasmettere questo amore alle anime”.

L’amore del sacerdote di cui parlava la Madre Luisa Margherita è l’amore che sgorga dal Cuore misericordioso di Cristo: “Tu hai mostrato il mio cuore al mondo, Tu mostralo ai miei sacerdoti” dice Gesù a Madre Luisa. Tutto il ministero sacerdotale si conforma al Cuore di Cristo infiammato di amore infinito per i suoi sacerdoti e per tutta l’umanità. Un esempio, di questo Cuore infiammato di Amore che ha fatto della sua vita sacerdotale un continuo darsi, come pastore zelantissimo per le anime affidategli, è stata la fulgida e grande figura di San Filippo Neri, un vero uomo di Dio.

I sacerdoti, a somiglianza dell’ordine dei vescovi, dei quali formano la corona spirituale, partecipano alla grazia  dell’ufficio di quelli per mezzo di Cristo, eterno ed unico mediatore, mediante il quotidiano esercizio del proprio ufficio crescano nell’amore di Dio e del prossimo, conservino il vincolo della comunione sacerdotale, abbondino in ogni bene spirituale e diano a tutti la viva testimonianza di Dio, emuli di quei sacerdoti che nel corso dei secoli, in un servizio spesso umile e nascosto, hanno lasciato uno splendido esempio di santità. La loro lode risuona nella Chiesa di Dio. Pregando e offrendo il sacrificio, com’è loro dovere, per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, coscienti di ciò che fanno e conformandosi ai misteri che compiono, anziché essere ostacolati dalle cure apostoliche, dai pericoli e dalle tribolazioni, ascendano piuttosto per mezzo di esse ad una maggiore santità, nutrendo e dando slancio con l’abbondanza della contemplazione alla propria attività, per il conforto di tutta la Chiesa di Dio” (LG, 41)

Così il Concilio, attraverso una delle sue memorabili Costituzioni, delineava il ministero sacerdotale. Una definizione che rappresenta anche una sfida per ciascuno di noi. In questo piccolo affresco dogmatico, infatti troviamo le pennellate essenziali che dipingono l’essenza, il compito e il servizio che viene affidato a ciascuno di noi: un piccolo vademecum che dovrebbe essere scolpito nella coscienza personale per farsi, giorno per giorno, un severo esame di coscienza.

Crescere nell’amore di Dio e del prossimo, innanzitutto. E’ vero che ognuno di noi è animato da santi desideri, si prefigge traguardi, elabora progetti, si orienta verso mete da raggiungere. L’intenso, talvolta eccessivo, impegno pastorale è pervaso da aspirazioni che ci inducono a inventare strategie creative e coinvolgenti al fine di portare a compimento i propositi migliori. Ma se manca in tutto ciò la tensione continua per una crescita autentica nell’amore, ogni pur apprezzabile sforzo finisce per essere vanificato.  Dio e il prossimo! “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 22, 37-39). Ogni sacerdote, prima di ogni credente, è chiamato a rinascere all’amore.

Conservare il vincolo della comunione sacerdotale. Davvero intenso questo appello conciliare, che non ci invita semplicemente  a sentirci parte di una famiglia più grande, il presbiterio diocesano.

L’ordinazione che abbiamo ricevuto già ci inserisce in tale fraternità: nessuno di noi può e deve considerarsi un’isola. Il fatto di non essere parte di un ordine o di una congregazione religiosa non ci rende meno famiglia. La comunione sacerdotale è essenziale per un ministero che sia realmente espressione di Chiesa, di una comunità in cammino che, proprio perché tale, vive, agisce e opera come un’unica sinfonia che si esprime attraverso la coralità dei suoni.

L’importante  è conservare tale vincolo! E per farlo bisogna alimentarlo quotidianamente, coltivarlo attraverso le molteplici occasioni che ci vengono offerte.

Abbondare in ogni bene spirituale. Quanta ricchezza in questo appello e, nello stesso tempo, quale grande sfida! Nell’epoca della competizione e dell’immagine in cui anche noi siamo immersi, spesso viviamo la tentazione sottile del protagonismo. Deve essere, invece, lo Spirito Santo l’unico vero protagonista del ministero presbiterale: “La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”(1Cor 2,4-5). Tutto ciò che viene da Lui non può che portare frutto, in abbondanza! :

Dare viva testimonianza di Dio. Il mondo ha una profonda nostalgia di Dio. E questo è tanto più vero quanto più entriamo nella carne viva del nostro tempo, della nostra società con le sue luci e le sue ombre, nelle sue più alte realizzazioni e nei suoi più cocenti disastri. Quante volte abbiamo fatto l’esperienza dell’aridità, della sterilità, quante volte abbiamo raccolto il desiderio di un “di più”, di un qualcosa che manca e di cui si avverte uno struggente bisogno! Il supplemento d’anima che da più parti e a gran voce viene implorato è ciò che noi dobbiamo ai nostri fratelli con tutto il peso della nostra responsabilità sacerdotale. Una testimonianza che sia viva, sentita, vissuta in prima persona; solo così diventa credibile. Un Dio che abita stabilmente in noi, che continuamente prende dimora nella nostra vita, non potrà che essere accolto nella vita dei nostri fratelli.

Ascendere ad una maggiore santità. É l’ultimo appello del testo conciliare, ma è il più alto, quello che definisce in modo più compiuto il nostro essere preti. “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”(Lv 19,1), Dio desidera, con volontà infinita, che siamo santi. “Tutta la santità consisterà nel ricevere la vita da Cristo e per mezzo di Cristo, che ne possiede la pienezza e che ne è l’unico mediatore. La santità è dunque un mistero di vita comunicata e ricevuta da Dio per mezzo di Cristo”(Columba Marmion , Cristo Vita dell’Anima). Il mandato che il Dio dei padri affida a Mosè è certamente altissimo, ma, se Dio ce lo propone, ci fornisce anche i mezzi per raggiungerlo, anche se in modo imperfetto. Ed è un impegno che riguarda noi in prima persona, non gli altri.

Siamo noi sacerdoti che abbiamo il dovere di questa singolare e personalissima ascensione quotidiana, facendo appello allo strumento per eccellenza che è dato nelle nostre povere mani: la preghiera. Tutti facciamo esperienza di quanto il nostro servizio possa essere fecondato da questo incontro intimo e personale con il Signore. “O mio Dio, tutta la mia vita non è che una catena di misericordia e di benefici, diffusi sopra un essere che ne è indegno. Tu non mi abbandonerai mia! Io posso riposarmi in Te con sicurezza”(Beato Card. John Henry Newman).

La preghiera non può mai essere confinata ad uno dei tanti impegni della giornata, ma la deve permeare, quasi scandire minuto per minuto, attimo per attimo. Solo così la santità, a cui siamo chiamati, diventerà possibile e, soprattutto, contagiosa.  “Resta come me, dolce Gesù, e allora incomincerò a risplendere come Tu risplendi: a risplendere così da essere luce per gli altri. La luce, Gesù, verrà tutta da te. Nessun raggio partirà da me: sarai Tu che risplenderai sugli altri per mezzo mio. Insegnami a mostrare la Tua gloria, la Tua verità, al Tua volontà. Fa che io Ti predichi anche senza predicare: con l’esempio, con la carica vitale che attira, per la mia somiglianza con i Tuoi Santi, e con la evidente pienezza d’amore che il mio cuore riceve da Te. Amen(Beata Madre Teresa di Calcutta).

L’anniversario della nostra ordinazione presbiterale ravvivi la fedeltà all’incommensurabile dono che dal Signore abbiamo ricevuto. Auguri a tutti sacerdoti della nostra Chiesa e di tutte le Chiese che sono in Italia e nel mondo!