QUARESIMA: NON MORTIFICAZIONE MA CONVERSIONE

Ancora si annuncia la quaresima come tempo di mortificazione seguendo una convinzione diffusa secondo cui la pratica del sacrificio, delle umiliazioni, della rinuncia a beni vitali è vista come valore in sé, gradito a Dio e quasi un prezzo da pagare per avere da Dio benevolenza; pertanto una via di perfezione.

Secondo l’evangelo la vita gradita a Dio è una vita vissuta in pienezza. Lo stesso Vangelo è invito alla pratica dell’amore per una vita bella, buona e felice. Gesù disse: “Io sono venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. (Gv. 10,10)

La risposta di Gesù alla prima tentazione (Mt. 4, 1-11) è “l’uomo vive di pane e di parola di Dio” e la risposta alla seconda: “Non mettere alla prova il Signore tuo Dio”. Gesù, proprio per la sua fedeltà a un Dio affidabile, rifiuta di chiedere un segno spettacolare della Sua potenza.

Che resta da fare all’uomo, come risposta amorosa al dono di Dio che si fa uomo e amico dell’uomo? Non mortificarsi, ma convertirsi, cioè volgere a Lui lo sguardo e lasciarsi rapire da quel Volto, come canta il Cantico dei Cantici: “Una voce! Il mio diletto! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline…” egli mi dice: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la gelosia; le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo”.

La Bibbia e il cuore dicono la stessa cosa”. (F. Rosenzweig)

Convertirsi, da parte dell’uomo, significa anzitutto farsi libero da quanto impedisce la limpidezza e l’immediatezza di quello sguardo a tu per tu.

Poiché la risposta nostra a quel Primo Amore è libera, comporta scelta, la quale è sempre rinuncia a quello che l’ostacola.

Convertirsi, da parte dell’uomo limitato e povero, comporta rinuncia – la rinuncia è la cifra della nostra libertà, – rinuncia a quanto impedisce il dono di sé, nella doppia direzione di liberarsi da e liberarsi per. Liberi dalla paura che genera chiusura e autoreferenzialità, dall’angoscia dell’abbandono, dalla fretta del tutto e subito che elimina l’attesa.

Nel Battesimo, dice Paolo apostolo, siamo “morti al peccato” (Rom. 6,2), “liberi e viventi in Cristo” (Rom. 6,1-14). Ma il peccato, la violenza del male, è accovacciato presso la porta di casa. Convertirsi comporta “lotta spirituale”.

Liberi per orientare desideri e decisioni verso l’amore di Dio e del prossimo, verso il bene e verso i beni.

Ciò richiede fedeltà e cura, discernimento del bene e dell’azione creatrice dello Spirito, sempre attiva nel nostro quotidiano fare; accoglienza di un Amore grande che tutto perdona e tutto valorizza avviando al compimento della vita vissuta. Poiché la vita è un tessuto di relazioni con se stessi, gli altri, l’ambiente, i beni di questo mondo, essa tende ai beni che la arricchiscono e, quando li accoglie, li vive come un dono.

Per tutti vale la promessa: “Una madre può dimenticare la sua creatura, cessare di amare il figlio delle sue viscere? Anche se lei si dimenticasse, Io non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sul palmo delle mie mani…”. (Is. 49,15-16)

Ivrea, 5 marzo 2017   –  don Renzo