LA POLITICA NELL’ERA DELL’ANTIPOLITICA

Nell’opera “Con  i se e con i ma” di Paolo Giaretta i sette punti chiave per ritrovare il Bene Comune senza se e senza ma …

TIZIANA BETTINELLI, 24.03.2015                             FOTOGALLERY

TORINO – “La buona politica non può che essere partecipazione dei cittadini e solo la buona politica scaccia quella cattiva”. È questa la tesi del libro di Paolo Giaretta “Con i se e con i ma”, presentato venerdì 20 marzo nella sala conferenze della Fondazione Donat-Cattin.  L’ex senatore della Repubblica ha proposto una riflessione sulla crisi della politica in un saggio di agile lettura, destinato soprattutto alle giovani generazioni.

L’incontro è stato introdotto da Gianfranco Morgando, già parlamentare, ex segretario regionale del PD, che, parafrasando l’autore, osserva che una buona politica deve fare i conti con il passato per gestire il presente e costruire il futuro. La politica di oggi rischia di essere ridotta a un luogo comune, a uno slogan (da qui il titolo del libro), rischia di essere fatta solo di iperbole. Ma la buona politica deve andare oltre al ripiegamento sul quotidiano, deve essere al passo con i cambiamenti del mondo e affrontarne le incertezze e le questioni. È un messaggio diretto ai giovani, affinché capiscano che si può ancora fare buona politica, che c’è ancora la possibilità di impegnarsi.

A sua volta Magda Negri, già parlamentare e Vice Presidente dell’Assemblea regionale del PD, ribadisce che il libro è “un’opera di profonda meditazione sulla politica, intrecciata a una riflessione sull’umanesimo religioso, che deve portare a una politica volta al bene comune.

Non è la prima volta che si assiste a una crisi politica”, afferma Lino Duilio, già parlamentare e direttore della Scuola di politica della Diocesi di Milano, che però evidenzia come problematiche della politica odierna il ruolo dell’economia e dei mass media. L’economia ha assunto con prepotenza un ruolo predominante, provocando così un annichilimento della politica, che fatica a stare al passo. Inoltre,  viviamo, nella società delle opinioni pubbliche, facilmente influenzabile da frasi a effetto dette da una personalità carismatica, che gioca sull’emozionalità per avere consensi.

Tuttavia, per ristabilire una buona politica, non è sufficiente un politico dalle buone virtù, è necessario individuare dei buoni mezzi per raggiungere dei buoni fini. Per affrontare le difficoltà odierne dovremmo innanzitutto passare dal paradigma produttivo al paradigma antropologico, mettendo al centro la persona e misurandosi con mezzi e fini e, in secondo luogo, investire di più in orizzonti oggi poco chiari, come potrebbe essere l’Europa.

Riagganciandosi al tema dell’Europa, il professor Francesco Tuccari, ordinario di storie delle dottrine politiche all’Università di Torino, sostiene che per fare una buona politica ci vogliono un obiettivo, una prospettiva, un’agenda che non siano un rimpianto delle cose passate. Questo obiettivo è l’Europa, intesa come “opportunità di immaginare la politica su una scala diversa, per adeguare il luogo della politica al luogo dell’economia, che è globale”.

Tuccari individua poi le diverse ragioni della crisi della politica. In primis, la tendenza del cittadino contemporaneo a disinteressarsi della politica, vivendo nella sfera del privato. Poi la crisi dei partiti, strutturalmente disintegrati dal ruolo della televisione, che ha reso obsoleto il partito come veicolo di formazione delle persone. Inoltre la crisi delle istituzioni rappresentative, cioè del Parlamento, luogo colonizzato da partiti non più radicati nella società. A tutto ciò si aggiunge infine la crisi dello stato nazionale.

Ma chi meglio dell’autore stesso poteva dare ulteriori delucidazioni sull’argomento? Così da ultimo è intervenuto Paolo Giaretta affermando che lo stile del libro nasce dall’esperienza della scuola veneta di politica, dove ha potuto constatare lo scarto tra la fortuna della sua generazione, accompagnata da tanti maestri che davano solidi valori, e una generazione un po’ abbandonata qual è quella attuale.

Ha voluto così partire, nel suo libro, da sette parole chiave, viste come veicoli della trasmissione dei valori in campo politico,  citando quanto scritto da Dag Hammarkjold, segretario dell’Onu dal 53 al 61: “Rispettare la parola; usarla con estrema cura e incorruttibile amore per la verità, ecco una condizione perché maturino la società e la specie umana. Abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano”. La prima parola chiave è INCONTRI, e richiama alla politica odierna che è senza memoria di uomini e fatti. Segue TEMPO, oggi fragile, corto, ancorato al tweet, alla comunicazione sociale, che impedisce la verifica critica e contrasta la lungimiranza e la profondità delle scelte politiche. INDIGNAZIONE come quella dei “benaltristi” e che porta al disinteresse e alla delusione. COMPROMESSO, inteso non come “inciucio”, ma come impegno positivo del venirsi incontro. LIMITE, per mostrare le difficoltà del fare politica. Per poi concludere con un appello alla FIDUCIA e alla SPERANZA: serve fiducia per creare consenso e la politica deve tornare a suscitare speranza.

La politica oggi è particolarmente debole, in un momento in cui invece avrebbe bisogno di una grande forza, per affrontare questi tempi di crisi globale, che ha messo in luce le insostenibilità sociali e ambientali  e i limiti delle forze in cui si è organizzata la democrazia. È una politica che ha perso la fiducia dei cittadini, poiché ha rinunciato a creare pensieri nuovi e, dato che non prende più decisioni significative, è considerata superflua. Paolo VI scriveva: “il mondo soffre per una mancanza di pensiero” ed è proprio quello che si verifica oggi: rispetto a un mondo che è diventato globale, il pensiero non riesce ad organizzare un’interpretazione nuova.

L’autore sottolinea come il suo non sia un libro nostalgico, poiché in politica la nostalgia è dannosa, in quanto fa coltivare il passato e fa perdere la capacità creativa di organizzare risposte nuove per tempi nuovi. C’è sì una rievocazione di come è stata la partecipazione politica nel passato, ma c’è anche la consapevolezza che non ci si può comportare come in quegli anni, bisogna invece creare forme di azione innovative. Egli vuole infatti suggerire a chi si avvicina alla politica che questa può essere migliore di quello che appare e che, nonostante sia difficile e ci siano meno motivazioni, bisogna puntare all’organizzazione di un pensiero nuovo. L’importante è che i giovani capiscano che non è prioritario ricoprire subito un incarico di spicco, ma dare il proprio contributo per cambiare la storia e questo è possibile grazie a un’agenda politica di cose da fare e di battaglie politiche da affrontare che sia credibile.

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Fotogallery di Carlo Cretella

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